CORSO DI FORMAZIONE PER RLS
Modulo 1 – LEGISLAZIONE GENERALE E SPECIALE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
“D.LGS. 81/08 e D.M. 10/03/1998”
SOMMARIO
1. LA GERARCHIA DELLE FONTI DEL DIRITTO
1.1 La Costituzione
1.2 TRATTATI INTERNAZIONALI E DIRETTIVE COMUNITARIE
1.3 LEGGI ORDINARIE E REGIONALI
1.4 REGOLAMENTI
2. ASPETTI CIVILISTICI GENERALI
3. RESPONSABILITÀ PENALE
4. IL D.LGS. 81/08: TESTO UNICO SULLA SICUREZZA
5. TESTO UNICO E RESPONSABILITÀ PENALE
6. RESPONSABILITÀ CIVILE
7. LEGISLAZIONE GENERALE E SPECIALE IN MATERIA DI PREVENZIONE INFORTUNI E IGIENE DEL LAVORO: CENNI STORICI
8. FILOSOFIA DEL TESTO UNICO
8.1 LA TECNICA LEGISLATIVA SEGUITA PER LA REDAZIONE DEL TESTO UNICO
8.2 L’AMPLIAMENTO DEL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA
8.3 PROMOZIONE DELLA SALUTE E SICUREZZA ATTRAVERSO GLI ORGANISMI BILATERALI
8.4 IL RUOLO DELLE NORME DI BUONA TECNICA E BUONE PRASSI E DELLA DISPOSIZIONE
8.5 RIORDINO E RAZIONALIZZAZIONE DELLE COMPETENZE ISTITUZIONALI
8.6 APPARATO SANZIONATORIO E POTERE DI DISPOSIZIONE
9. IL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
9.1 I COMPITI DEL SERVIZIO PREVENZIONE PROTEZIONE
9.2 SERVIZIO DI PROTEZIONE INTERNO O ESTERNO?
9.3 IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO PREVENZIONE PROTEZIONE
9.4 CHI PUÒ ESSERE NOMINATO RSPP
9.5 RAPPORTI DEL RSPP ALL’INTERNO DELL’AZIENDA
9.6 RAPPORTI DEL RSPP ALL’ESTERNO DELL’AZIENDA
10. LE FIGURE DELLA PREVENZIONE
11. RLS, RLST, RLSPP: COMPITI, NECESSITÀ FORMATIVE, MODALITÀ DI ELEZIONE
11.1 NOMINA/ELEZIONE (art. 47 del T.U.)
11.2 QUANTI RLS
11.3 QUALI ATTRIBUZIONI (art. 50 del T.U.)
11.4 QUALE FORMAZIONE (art. 37 del T.U.)
11.5 RLST (art. 48 del T.U.)
11.6 RLSSP (art. 49 del T.U.)
11.7 LA COMUNICAZIONE DEI NOMINATIVI RLS
11.8 MODALITÀ DELLE COMUNICAZIONI
12. ASPETTI FONDAMENTALI DEL TESTO UNICO
12.1 Titolo I
12.2 Titolo II
12.3 Titolo III
12.4 Titolo IV
12.5 Titolo V
12.6 Titolo VI
12.7 Titolo VII
12.8 Titolo VIII
12.9 Titolo IX
12.10 Titolo X
12.11 Titolo XI
12.12 Titolo XII
12.13 Titolo XIII
13. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)
13.1 CATEGORIE DI DPI (art. 4 D.Lgs. 475/92)
14. INFORMAZIONE E FORMAZIONE
14.1 INFORMAZIONE DEI LAVORATORI (art. 36 del T.U.)
14.2 FORMAZIONE DEI LAVORATORI (art. 37 del T.U.)
1. LA GERARCHIA DELLE FONTI DEL DIRITTO
Nell’ordinamento giuridico italiano si ha una pluralità di fonti di produzione. Queste sono disposte secondo una scala gerarchica, per cui la norma di fonte inferiore non può porsi in contrasto con la norma di fonte superiore (gerarchia delle fonti). Nel caso in cui avvenga un
contrasto del genere si dichiara l’invalidità della fonte inferiore dopo un accertamento giudiziario; finché non vi è accertamento si può applicare la “fonte invalida”.
1.1 La Costituzione
Al primo livello della gerarchia delle fonti si pongono la Costituzione e le leggi Costituzionali (fonti superprimarie).
La Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, è composta da 139 articoli.
Essa:
• detta i principi fondamentali dell’ordinamento (artt. 1-12)
• individua i diritti e i doveri fondamentali dei soggetti (artt. 13-54)
• detta la disciplina dell’organizzazione della Repubblica (artt. 55-139)
Il dettato costituzionale incorpora infine delle disposizioni transitorie e finali. Per modificare la Costituzione è richiesto un iter così detto aggravato (vedi art. 138 cost.), fatti salvi i primi 12 articoli che sono immodificabili.
La Costituzione della Repubblica Italiana prevede, tra l’altro, che:
art. 1
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Da ciò si deduce subito che tutto l’impianto della nostra società si basa sulla libertà assicurata dal meccanismo democratico e dalla promozione economica e sociale derivante dal lavoro quale strumento di impegno e valorizzazione individuale.
art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo … (omissis).
Ciò rappresenta la certezza dell’espressione del diritto, tra cui quello dello sviluppo economico e sociale individuale, tramite il lavoro.
art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto.
Con ciò appare evidente che il nostro paese riconosce, sin dall’inizio del suo costituirsi, di non essere impermeabile rispetto alla legislazione internazionale. Da ciò se ne deduce che l’integrazione europea, e quindi legislativa, assume un valore storico fondamentale e che continua a riflettersi anche sulle normative odierne.
art. 27
La responsabilità penale è personale. … (omissis).
Su questo concetto si impianta tutto il concetto di responsabilità individuale nell’esercizio di qualsiasi attività da parte di ogni cittadino, tra le quali quella del datore di lavoro nei confronti del proprio dipendente.
art. 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività … (omissis).
Il concetto della tutela della salute individuale e collettiva, in senso lato, è compito della Repubblica quale istituzione sovraindividuale.
A tal fine infatti essa si è dotata di strumenti preventivi e repressivi.
art. 35
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Norma fondamentale di salvaguardia del lavoro che si salda mutuamente insieme all’articolo successivo. In questa si afferma che lo Stato difende il valore del lavoro tutelandolo sia sotto il punto di vista dello sviluppo economico che dell’avanzamento della tecnologia.
art. 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Anche questo articolo tutela il diritto al lavoro ma assicurandone il diritto alla promozione da parte dell’imprenditore, fatto salvo che siano assicurate delle norme di garanzia affinché non sia arrecato danno ad alcuno.
1.2 TRATTATI INTERNAZIONALI E DIRETTIVE COMUNITARIE
Al di sotto delle leggi costituzionali si pongono i trattati internazionali e gli atti normativi comunitari, che possono presentarsi sottoforma di
regolamenti o direttive. I primi hanno efficacia immediata, le seconde devono essere attuate da ogni paese facente parte dell’Unione Europea in un determinato arco di tempo. A queste si sono aggiunte poi le sentenze della Corte di Giustizia Europea “dichiarative” del Diritto Comunitario (Corte Cost. Sent. n. 170/1984).
1.3 LEGGI ORDINARIE E REGIONALI
Seguono le fonti primarie, ovvero le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (decreti-legge e decreti legislativi), ma anche le leggi regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Le leggi ordinarie sono emanate dal Parlamento, secondo la procedura di cui gli artt. 70 ss. Cost., le cui fasi essenziali sono così articolate:
1. l’iniziativa di legge, ovvero la presentazione di un progetto di legge, può essere assunta dal Governo, da ciascun membro del parlamento, nonché dal popolo (in tal caso, occorre che la proposta provenga da almeno 50.000 persone) e dal CNEL (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), definito dall’art. 99 della Costituzione come organo di consulenza delle Camere e del Governo
2. l’approvazione del testo di legge è affidata alle 2 Camere del Parlamento (Camera dei deputati – Senato della Repubblica)
3. la promulgazione del Presidente della Repubblica
4. la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la quale determina la decorrenza del termine di quindici giorni necessario perché le leggi entrino in vigore. Questo periodo (detto vacatio legis) serve ai cittadini per poter conoscere il testo della nuova legge.
1.4 REGOLAMENTI
Al di sotto delle fonti primarie, si collocano i regolamenti governativi, seguono i regolamenti ministeriali e di altri enti pubblici.
All’ultimo livello della scala gerarchica, si pone la consuetudine, prodotta dalla ripetizione costante nel tempo di una determinata condotta. Sono ammesse ovviamente solo consuetudini “secundum legem” e “praeter legem” non dunque quelle “contra legem”.
Un cenno a parte meritano le consuetudini costituzionali che, talvolta, regolano i rapporti tra gli organi supremi dello stato poiché consistono in comportamenti ripetuti nel tempo per ovviare a determinate norme costituzionali lacunose.
2. ASPETTI CIVILISTICI GENERALI
Il fondamento giuridico della normativa italiana in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro è rappresentato dall’art. 2087 del Codice Civile (1942), in cui si afferma che … l’imprenditore è tenuto a adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Questa norma sancisce in modo inequivocabile il preciso dovere di sicurezza che il datore di lavoro ha nei confronti dei lavoratori e, di riflesso, il diritto di questi ultimi alla tutela della propria integrità.
Si noti come le misure che l’imprenditore è tenuto ad adottare debbano essere non generiche, ma mirate al particolare rischio
presente (secondo la particolarità del lavoro) e debbano basarsi sulle conoscenze tecniche e scientifiche più aggiornate (l’esperienza).
Secondo l’interpretazione corrente, ne consegue che l’unico limite oggettivo all’introduzione di misure di sicurezza è rappresentato dalla fattibilità tecnica delle stesse (la tecnica) a prescindere da qualunque valutazione di tipo economico.
Il principio enunciato nell’art. 2087 risulta in perfetto accordo con quanto dettato dall’art. 41 della Costituzione della Repubblica Italiana dove viene affermato il diritto alla tutela della salute e il principio che l’attività economica privata non può svolgersi in modo da recare danno all’individuo.
La disposizione contenuta nell’art. 2087 del Codice Civile ha carattere di norma civile: i principi in essa espressi costituiscono (riguardo al contenuto e all’identificazione del destinatario del dovere di sicurezza) la chiave di lettura di tutta la normativa che disciplina la tutela della salute nei luoghi di lavoro, come più volte ribadito dalla Cassazione.
L’inosservanza delle norme di legge in materia può comportare precise sanzioni penali. Ricordiamo che in base alla gravità, ovvero in base alla qualità delle pene stabilite dal Codice, i reati vengono classificati in contravvenzioni (reati meno gravi, punibili con l’ammenda) e delitti (reati più gravi, puniti con la reclusione).
Nella maggior parte dei casi, la violazione delle norme costituisce reato di tipo contravvenzionale. In alcune situazioni, invece, la violazione di norme può costituire un delitto, come nei casi previsti dagli art. 437 e art. 451 del Codice Penale (di seguito C.P.) riguardanti l’omissione, dolosa o colposa, di cautele contro gli infortuni sul lavoro.
È importante sottolineare che, per chi venga ritenuto colpevole di aver causato un infortunio sul lavoro o una malattia professionale, può
configurarsi il reato di omicidio colposo (art. 589 C.P.) o di lesioni personali colpose (art. 590 C.P.).
3. RESPONSABILITÀ PENALE
La Responsabilità penale comporta la condanna per un reato. A tal fine si devono distinguere i reati (comportamenti sanzionati penalmente) in delitti e contravvenzioni:
DELITTI
hanno la caratteristica di essere generalmente reati di danno (sanzioni: multa e/o reclusione) e, cioè, le relative fattispecie vengono integrate solo quando si verifichi un evento lesivo di posizioni giuridiche soggettive tutelate dall’ordinamento.
Per quanto d’interesse, tali fattispecie sono generalmente quelle previste e sanzionate dagli artt. 451 (omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro), 590 (lesioni colpose) e 589 (omicidio colposo) c. p., salvo altre e più gravi.
CONTRAVVENZIONI
sono caratterizzate dall’essere reati di pericolo (sanzioni: arresto o ammenda) e come tali la sola inosservanza ad un determinato obbligo è sufficiente ad integrarne la fattispecie, rimanendo irrilevante l’elemento soggettivo del dolo, a prescindere dal verificarsi o meno dell’evento lesivo.
Esistono due strumenti che consentono l’estinzione della contravvenzione:
• La procedura di oblazione, in applicazione della quale, mediante il pagamento di una somma pari ad un terzo (art. 162 c. p.: pena esclusiva ammenda) oppure ad un mezzo (art. 162 bis c. p.: pene alternative arresto/ammenda) della pena edittale massima, oltre le spese di giustizia, si consegue l’estinzione del reato (c. p.: artt. 555 e 557 nonché 141 disp. att.).
• La procedura di prescrizione (D.Lgs. 758/94): sul presupposto dell’attribuzione della qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria all’organo di vigilanza, viene attribuito a quest’ultimo il compito, una volta accertata la contravvenzione, di impartire le istruzioni necessarie per l’adempimento (ancorché tardivo) degli obblighi sanzionati e di assegnare un termine per tale adempimento.
Il contravventore sarà tenuto, quindi, all’adempimento nel termine fissato dall’Organo di Vigilanza ed al pagamento di una somma pari ad
un quarto del massimo edittale.
L’Organo di Vigilanza, verificato l’adempimento, ne dà comunicazione all’Autorità Giudiziaria (Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario territorialmente competente), che dispone l’archiviazione del procedimento (aperto a seguito della obbligatoria denuncia dell’Organo di Vigilanza ed immediatamente sospeso in pendenza del termine prescrizionale) per intervenuta estinzione del reato.
4. IL D.LGS. 81/08: TESTO UNICO SULLA SICUREZZA
Il 9 aprile 2008, in attuazione dell’articolo 1 della legge 123/07 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è stato promulgato il D.Lgs. 81, subito denominato TESTO UNICO SULLA SICUREZZA o T.U.
Successivamente -e periodicamente- sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) viene pubblicato il testo aggiornato del Testo Unico.
L’ultima edizione (alla data di redazione di questo documento) è del luglio 2018 ed è reperibile su:
https://www.ispettorato.gov.it/it-it/Documenti-Norme/Documents/Testo-Unico-Dlgs-81-08-edizione-di-luglio-2018.pdf
In questa pubblicazione, con T.U. si intende il testo COORDINATO e AGGIORNATO del D.Lgs. 81/08.
VERSIONE “LUGLIO 2018”
Novità in questa versione:
■ Rivalutate, a decorrere dal 1° luglio 2018, nella misura dell’1,9%, le ammende previste con riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 nonché da atti aventi forza di legge (Decreto direttoriale dell’INL n. 12 del 6 giugno 2018 (avviso nella G.U. n. 140 del 19/06/2018), attuativo dell’art. 306, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 81/08, e s.m.i.);
■ Inserito il Decreto Direttoriale INL n. 12 del 6 giugno 2018 – Rivalutazione sanzioni concernenti violazioni in materia di salute e sicurezza;
■ Inserita la Legge 26 aprile 1974, n. 191, in materia di “Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato”, pubblicata sulla GU n.134 del 24/05/1974, coordinata con il decreto Presidente Repubblica 1° giugno 1979, n. 469 “Regolamento di attuazione della legge 26 aprile 1974, n. 191, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall’Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato” (G.U. 26 settembre 1979, n. 264);
■ Inserita la circolare n. 10 del 28/05/2018 – Rinnovo delle autorizzazioni alla costruzione e all’impiego di ponteggi, ai sensi dell’art. 131, comma 5, del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni;
■ Inseriti gli interpelli n. 3 del 16/05/2018, n. 4 e n. 5 del 25/06/2018;
■ Sostituito il Decreto Direttoriale n. 12 del 14 febbraio 2018 con il Decreto Direttoriale n. 51 del 22 maggio
2018 – Diciottesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art.
71 comma 11;
VERSIONE “MAGGIO 2018”
Novità in questa versione:
■ Inserita la circolare INL n. 1 dell’11/01/2018 contenente le indicazioni operative sulla corretta applicazione della disposizione di cui all’articolo 34, comma 1, del D. Lgs. 81/08 relativa allo svolgimento
diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso prevenzione incendi e di evacuazione;
■ Inserita la lettera circolare INL del 12/10/2017 prot. 3 avente ad oggetto le indicazioni operative sulle sanzioni da applicare in caso di omessa sorveglianza sanitaria dei lavoratori;
■ Inserito il Decreto Direttoriale n. 2 del 16/01/2018 – Elenco dei soggetti abilitati e dei formatori per l’effettuazione dei lavori sotto tensione;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 9 settembre 2016 con il Decreto Direttoriale n. 12 del 14 febbraio 2018 – Diciassettesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;
■ Inseriti gli interpelli n° 1 e n° 2 del 13/12/2017, n° 1 del 14/02/2018 e n.2 del 05/04/2018;
■ Corretto all’art. 3 comma 12-bis il riferimento alla legge 16 dicembre 1991, n. 398 (associazioni sportive dilettantistiche);
■ Inserito il riferimento all’interpello 8/2014 del 13/03/2014 al termine dell’art. 3 comma 12-bis.
VERSIONE “MAGGIO 2017”
Novità in questa versione:
■ Inserite le circolari n. 21 del 07/07/2016, n. 23 del 22/07/2016, n. 28 del 30/08/2016; n. 11 del 17/05/2017
■ Inserito l’Accordo Stato Regioni rep 128/CSR del 7 luglio 2016 finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni contenente altresì disposizioni modificative agli accordi del 21 dicembre 2011 ex art. 34, commi 2 e 3, del 21 dicembre 2011 ex art. 37, comma 2, del D.Lgs. 81/08 e del 22 febbraio 2012 ex art. 73, comma 5, del
D.Lgs. 81/08 (G.U. Serie Generale n.193 del 19/08/2016);
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 21 luglio 2014 con il decreto dirigenziale del 1° agosto 2016 riguardante il quinto elenco dei soggetti abilitati ad effettuare i lavori sotto tensione in sistemi di II e III categoria;
■ Modifiche introdotte all’art. 4, comma 1, del decreto 9/07/2012 e agli allegati 3A e 3B ai sensi del decreto 12 luglio 2016, pubblicato sulla GU n.184 del 8/08/2016, in vigore dal 09/08/2016;
■ Modifiche introdotte agli articoli 206, 207, 208, 209, 210, 211,212, 219, commi 1, lettere a) e b), e 2, lettere a) e b), all’allegato XXXVI, nonché l’introduzione dell’articolo 210-bis, previste dal decreto legislativo 1° agosto 2016, n. 159 (GU n.192 del 18/08/2016, in vigore dal 02/09/2016);
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 18 marzo 2016 con il Decreto Dirigenziale del 9 settembre 2016 riguardante il tredicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;
■ Inserito il Decreto 25 maggio 2016, n. 183, recante “Regolamento recante regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP, nonché le regole per il trattamento dei dati, ai sensi dell’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, pubblicato sul S.O. alla G.U. n. 226 del 27 settembre 2016, Serie Generale;
■ Inserito il Decreto Interdirettoriale n. 35/17, che regolamenta il provvisorio rinnovo, per un periodo non superiore a centoventi giorni, decorrenti dalla data di scadenza delle rispettive iscrizioni, dell’iscrizione negli elenchi dei soggetti abilitati all’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, adottati con decreti direttoriali del 21 maggio 2012 e 30 luglio 2012, in scadenza rispettivamente al 21 maggio 2017 e al 30 luglio 2017;
■ Inseriti gli interpelli dal n.11 al n. 19 del 25/10/2016;
■ Modifiche agli articoli 18, comma 1-bis e 53, comma 6, nonché all’entrata in vigore dell’obbligo dell’abilitazione all’uso delle machine agricole, ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni del 22/02/2012, introdotte dal decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 (in G.U. 30/12/2016, n.304), convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2017, n. 19 (in S.O. n. 14, relativo alla G.U. 28/02/2017, n. 49), in vigore
dal 30/12/2016;
■ Corretti i box sanzionatori degli artt. 153 e 155 (eliminata la sanzione a carico del preposto) e di tutti gli articoli sanzionati di cui al Titolo II (inserito tra i contravventori anche il dirigente);
■ Eliminate la nota n. 33 (box sanzionatorio art. 26, comma 3, quarto periodo) e la nota n. 63 (art. 55, comma 5, lett. d.), nonché corrette le colorazioni dell’art. 26, comma 3, indicanti le norme sanzionate a causa di un refuso;
■ Inserito un commento personale nei box sanzionatori di cui agli artt. 225, 226, 228, 229, 235, 236, 239, 240, 241,242, 248 e 254 per le sanzioni a carico del preposto;
■ Integrato il commento personale n. 37 a seguito della modifica normativa al comma 3 dell’art. 1 della Legge 177/2012 e dall’emanazione del decreto 11 maggio 2015, n. 82, recante “Regolamento per la definizione dei criteri per l’accertamento dell’idoneità delle imprese ai fini dell’iscrizione all’albo delle imprese specializzate in bonifiche da ordigni esplosivi residuati bellici, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 1° ottobre 2012, n. 177”, pubblicato sulla G.U. n. 146 del 26/06/2015 ed entrato in vigore il 11/07/2015.
VERSIONE “GIUGNO 2016″
Novità in questa versione:
■ Modifiche introdotte agli articoli 20, 28, 36, 37, 50, 222, 223, 227, 228, 229, 234 comma 1,235, 236 comma 4, e agli allegati XV, XXIV, XXV sezione 3.2, XXVI sezioni 1 e 5 e XLII dal decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 39 (GU n.61 del 14/03/2016, in vigore dal 29/03/2016);
■ Inseriti gli interpelli dal n. 6 al n. 10 del 02/11/2015, dal n. 11 al n. 16 del 29/12/2015, dal n.1 al n. 4 del 21/03/2016 e dal n. 5 al n. 10 del 12/05/2016;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 29 settembre 2014 con il decreto dirigenziale del 18 marzo 2016 riguardante il dodicesimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;
■ Inserita la lettera circolare prot. 2597 del 10/02/2016 sulla Redazione del POS per la mera fornitura di calcestruzzo;
■ Corretti gli importi della sanzione per inottemperanza al provvedimento di sospensione riportati nella circolare 33/2009;
■ Corrette le sanzioni per le violazioni dell’art. 80, comma 1, ed eliminate le note all’art. 80, comma 3-bis;
■ Corretto il quadro dei trasgressori di cui all’art. 72;
■ Inserito un estratto della circolare n. 26 del 12/10/2015 e la nota prot. 19570 del 16/11/2015 sulle modifiche alla sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14;
■ Nelle copertine, aggiornata la sezione del sito del Ministero (www.lavoro.gov.it – Temi e priorità – Salute e Sicurezza) dove è possibile scaricare la versione aggiornata del presente documento e corretti i link ai documenti esterni, in considerazione della ristrutturazione dei siti ministeriali;
■ Corretto il riferimento al punto 2 lett. c) dell’allegato II, punto 3.2.3, del DM 11/04/2011;
■ Inserite note riguardanti l’abrogazione della Direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 31 marzo 2016, L 81/51 del nuovo Regolamento (UE) 2016/425.
VERSIONE “SETTEMBRE 2015″
Novità in questa versione:
■ Corretto l’importo massimo previsto per l’ammenda all’art. 284 comma 1;
■ Inseriti gli interpelli dal n. 26 al n. 28 del 31/12/2014, le precisazioni all’interpello n. 20/2014 del 31/12/2014, e gli interpelli dal n. 1 al n. 5 del 23 e 24/06/2015;
■ Inserite le circolari n. 34 del 23/12/2014, n. 35 del 24/12/2014, n. 3 del 13/02/2015, n. 5 del 3/03/2015 e n. 22 del 29/07/2015;
■ Inserito il decreto interministeriale n. 201 del 18 novembre 2014, recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro (avviso pubblicato nella G.U. n. 15 del 20 gennaio 2015);
■ Abrogazione del comma 5 dell’art. 3, ai sensi dell’alt 55, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (SO n.34 alla G.U. 24/06/2015, n.144, in vigore dal 25/06/2015);
■ Modifica dell’art. 88, comma 2, lettera g-bis), ai sensi dell’alt 16, comma 1, della legge 29 luglio 2015, n. 115 (G.U. 03/08/2015, n.178, in vigore dal 18/08/2015);
■ Inserite le modifiche agli artt. 3, 5, 6, 12, 14, 28, 29, 34, 53, 55, 69, 73-bis (nuovo articolo), 87, 98 e 190, introdotte dal d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.183” (G.U. n. 221 del 23/09/2015 – S.O. n. 53, in vigore dal 24/09/2015).
VERSIONE “DICEMBRE 2014”
Novità in questa versione:
■ Modificati gli artt. 28 comma 3-bis e 29 comma 3 come previsto dall’art. 13 della Legge 30/10/2014, n. 161, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”, pubblicata sulla GU n. 261 del 10/11/2014, entrata in vigore il 25/11/2014;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 22 gennaio 2014 con il decreto dirigenziale del 29 settembre 2014 riguardante il nono elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11. (avviso pubblicato nella G.U. n.230 del 3 ottobre 2014);
■ Inserito il Decreto interministeriale 9 settembre 2014 riguardante i modelli semplificati per la redazione del piano operativo di sicurezza, del piano di sicurezza e di coordinamento e del fascicolo dell’opera nonché del piano di sicurezza sostitutivo. (avviso pubblicato nella G.U. n. 212 del 12 settembre 2014).
■ Inserito il decreto interministeriale 22 luglio 2014 “Disposizioni che si applicano agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività”;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 31 marzo 2014 con il decreto dirigenziale del 21 luglio 2014 riguardante il quarto elenco dei soggetti abilitati ad effettuare i lavori sotto tensione in sistemi di II e III categoria;
■ Inseriti gli interpelli dal n. 10 al n. 15 del 11/07/2014, dal n. 16 al n. 23 del 06/10/2014 e dal n. 24 al n. 25 del 04/11/2014;
■ Eliminato il refuso della lettera f) all’art. 69 comma 1;
VERSIONE “MAGGIO 2014”
Novità in questa versione:
■ Corretti alcuni importi delle sanzioni a seguito della rivalutazione ai sensi dell’art. 306 comma 4-bis riquadro sanzionatorio art. 164, art. 178 comma 1, art. 219 comma 2 lett. b), art. 220 comma 1, art. 284 e art. 285);
■ Inserito il D.P.R. 15 Marzo 2010, n. 90 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”;
■ Inserita la circolare n. 45/2013, gli interpelli 16, 17 e 18 del 2013, e la lettera circolare del 27/12/2013;
■ Rivalutate le sanzioni previste dall’art. 14 comma 4, lett. c) e comma 5, lett. b), ai sensi dell’art. 14 comma 1 lett. b) del D.L. n. 145 del 23/12/2013, come convertito con modificazioni dalla L. n. 9 del 21/02/2014;
■ Inserito il Titolo X-BIS ai sensi del Decreto Legislativo 19 febbraio 2014, n. 19, “Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario”, (GU n.57 del 10/03/2014).
■ Inseriti gli Interpelli dal n. 1 al n. 9 del 13/03/2014;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 31 luglio 2013 con il decreto dirigenziale del 22 gennaio 2014 riguardante il settimo elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11.
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 30 maggio 2013 con il decreto dirigenziale del 31 marzo 2014 riguardante il terzo elenco dei soggetti abilitati ad effettuare i lavori sotto tensione in sistemi di II e III categoria;
■ Inserito il decreto ministeriale 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”;
■ Inserito il decreto 15 luglio 2003, n. 388 “Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in attuazione dell’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. ”;
■ Inserito il decreto interministeriale 18 aprile 2014 “Informazioni da trasmettere all’organo di vigilanza in caso di costruzione e di realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazione di quelli esistenti”.
VERSIONE “DICEMBRE 2013”
Novità in questa versione:
■ Inserita la circolare 41/2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
■ Inserita la modifica all’art. 71, comma 11 introdotta dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. (GU n.255 del 30/10/2013);
■ Inseriti gli interpelli dal n. 8 al n. 15 del 24/10/2013;
■ Corretti alcuni importi delle sanzioni rivalutate (per alcune sanzioni l’importo di € 7.014, 00 è stato sostituito con € 7.014,40);
■ Inserita la nota del 27/11/2013 Oggetto: Nozione di “trasferimento” ex art. 37, comma 4, lett. b), D.Lgs. 81/08 e s.m.i.
VERSIONE “OTTOBRE 2013″
Novità in questa versione:
■ Inserite le modifiche agli artt. 8, comma 4, 71, comma 13-bis e 73, comma 5-bis, introdotte dall’art. 11, comma 5, D.L. 14/08/2013, n. 93, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, pubblicato sulla G.U. n.191 del 16/08/2013, entrato in vigore il 17/08/2013, convertito con modificazioni dalla L. 15/10/2013, n. 119 (G.U. n. 242 del 15/10/2013);
■ Inserite le modifiche agli artt. 3, 6, 26, 27, 29, 31, 32, 37, 67, 73, 71, 88, 104-bis, 225, 240, 250 e 277, introdotte dal decreto-legge 21/06/2013, n. 69 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (G.U. n.144 del 21/6/2013 – S.O. n. 50) convertito con modificazioni dalla Legge 9/08/2013, n. 98 (G.U. n. 194 del 20/08/2013 – S.O. n. 63).
■ Aggiornati gli importi delle sanzioni così come previsto dall’art. 306 comma 4-bis, così come modificato dal decreto-legge 28/06/2013, n. 76 recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti” (G.U. n.150 del 28/6/2013) convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 99 (G.U. n. 196 del 22/08/2013).
■ Inserite le circolari 18, 21,28, 30, 31 e 35 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché le circolari del 10/05/2013 e del 10/06/2013 del Ministero della Salute;
■ Inserite le lettere circolari del 31/01/2013, 27/06/2013 e 02/07/2013;
■ Inserito il decreto direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero della Salute del 30/05/2013 riguardante l’elenco delle aziende autorizzate ad effettuare lavori sotto tensione su impianti elettrici alimentati a frequenza industriale a tensione superiore a 1000V ai sensi del punto 3.4 dell’allegato I al D.M. 04/02/2011.
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 24 aprile 2013 con il decreto dirigenziale del 31 luglio 2013 riguardante il sesto elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11.
■ Modificato l’art. 4 del decreto del Ministero della Salute del 09/07/2012 recante: “Contenuti e modalità di trasmissione delle informazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori …”, ai sensi del decreto del Ministero della Salute e del Ministero del Lavoro del 06/08/2013 (G.U. n. 212 del 10/09/2013);
■ Modificato l’art. 306 comma 3 come previsto dall’art. 11 della Legge 04/06/2010, n. 96, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2009”, pubblicata sulla GU n.146 del 25/6/2010 – S. O. n. 138, entrata in vigore il 10/07/2010; è stata, altresì integrata la nota n. 87 all’art. 306 comma 3 vista l’abrogazione della Direttiva
2004/40/CE e l’entrata in vigore della nuova 2013/35/UE, spostando il termine per l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al Titolo VIII, Capo IV al 1° luglio 2016;
■ Inserita una nota riguardante il riordino degli organi collegiali ed altri organismi operanti presso il Ministero della salute, tra cui rientra il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui all’art. 5 comma 1 ;
■ Modificati i link dei documenti esterni al presente testo a seguito delle modifiche degli indirizzi della struttura dei siti del Ministero del Lavoro;
■ Corretto il riferimento temporale ‘cinquantasei’ in ‘cinquantacinque’ dell’art. 3 comma 2;
VERSIONE “MAGGIO 2013”
Novità in questa versione:
■ Decreto interministeriale 4 marzo 2013: Criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare;
■ Decreto interministeriale 6 marzo 2013: Criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro;
■ Decreto interministeriale del 27 marzo 2013: Semplificazione in materia di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori stagionali del settore agricolo;
■ Inerite le Circolari nn. 9/2013 del 05/03/2013, e 12/2013 del 11/03/2013;
■ Inserita la modifica all’art. 6 comma 8 prevista dal decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 32: Attuazione della direttiva 2007/30/CE ai fini della semplificazione e della razionalizzazione delle relazioni all’Unione europea sull’attuazione pratica in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
■ Inseriti gli interpelli dal n. 1 al n. 7 del 02/05/2013;
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 19 dicembre 2012 con il decreto dirigenziale del 24 aprile 2013 dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11.
VERSIONE “GENNAIO 2013″
Novità in questa versione:
■ Ripristinata in alcuni articoli, rispetto alla versione “Novembre 2012, un’errata colorazione delle sanzioni;
■ Inserito il decreto interministeriale del 30 novembre 2012: Procedure standardizzate” per la valutazione dei rischi di cui all’articolo 29, comma 5, del D.Lgs. 81/08, ai sensi dell’articolo 6, comma 8, lettera f);
■ Sostituito il decreto dirigenziale del 19 settembre 2012 con il decreto dirigenziale del 19 dicembre 2012 dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’art. 71 comma 11;
■ Inserite le circolari n. 30 (Requisiti di sicurezza delle prolunghe applicate alle forche dei carrelli elevatori, cosiddette “bracci gru”) e 31 (Problematiche di sicurezza dei carrelli semoventi a braccio telescopico) del 2012;
■ Inserita la modifica dell’art. 29 comma 5 prevista dalla Legge 24 dicembre 2012 n. 228 (cosiddetta Legge di stabilità 2013) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.302 del 29 dicembre 2012 – Suppl. Ordinario n.212;
■ Inserita la sezione “Interpelli” all’appendice normativa;
■ Inserito commento personale al comma 2 dell’art. 3 del D.P.R. 177/2011 sulla qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti;
■ Inseriti i link esterni all’art. 192 e al Titolo IX capo I e capo II a dei documenti approvati dalla commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (ex art. 6) riguardanti, rispettivamente, il “Manuale operativo per la riduzione del rumore negli ambienti di lavoro” e “Criteri e gli strumenti per la valutazione e gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro” approvati nelle sedute del 28
novembre 2012;
■ Inserito il link esterno all’art. 3 comma 3 del D.M. 11 aprile 2011 al decreto dirigenziale del 23 novembre 2012 con cui sono state determinate le “Tariffe per le attività di verifica periodica delle attrezzature di lavoro di cui all’allegato VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81 e successive modifiche e integrazioni”.
VERSIONE “NOVEMBRE 2012”
Novità in questa versione:
■ Inserita Appendice Normativa (Decreti attuativi, circolari, etc);
■ Corretto l’art. 9 comma 2 lett. d;
■ Corretto l’art. 9 comma 4 lett. d;
■ Corretto il riferimento dell’articolo sanzionatorio della violazione dell’art. 34 comma 2;
■ Corretta la doppia sanzione indicata in fondo all’art. 111 per il comma 6;
■ Inserita nota all’art. 306 comma 3 che disciplina l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al Titolo VIII, capo IV a seguito della pubblicazione della Direttiva n. 2012/11/UE;
■ Inserite le modifiche agli articoli 3, commi 2 e 3, e 29 comma 5, secondo periodo, previste dalla Legge 12 Luglio 2012, n. 101, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio 2012, di conversione del decreto- legge 12 maggio 2012, n. 57;
■ Modificato l’allegato XXXVIII come previsto dal decreto interministeriale del 6 agosto 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.218 del 18 settembre 2012;
■ Inserite le modifiche agli artt. 28 comma 1,91, 100, 104 e agli allegati X e XV introdotte dalla Legge 1° ottobre 2012, n. 177, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 18/10/2012, come da errata corrige pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19/10/2012.
VERSIONE “MARZO 2011”
In questa versione:
■ Inserite le proroghe dei termini all’art. 3 commi 2 e 3-bis previste, rispettivamente, dall’art. 2 comma 51 e dall’art. 1 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 convertito con la Legge 26 febbraio 2011 n. 10 pubblicata sul S.O. n. 53 alla G.U. n. 47 del 26 febbraio 2011;
■ Corrette le note all’ALLEGATO XXXVI, lettera B, tabella 2: ripristinati i caratteri apice e pedice.
VERSIONE “SETTEMBRE 2010”
Inserite le integrazioni normative previste dall’articolo 5 della Legge 13 agosto 2010, n. 136, pubblicata sulla G.U. n. 196 del 23 agosto 2010, in vigore dal 7 settembre 2010, riguardo la tessera identificativa di cui agli articoli 18 comma 1 lett. u) e 21 comma 1 lett. c). Tale integrazione normativa interessa, altresì, gli articoli 20 comma 3 e 26 comma 8. In questa versione:
■ è stato corretto l’ALLEGATO 3A: eliminata la firma del datore di lavoro nella “Cartella sanitaria e di rischio”;
■ sono state inserite delle note personali alla “Conservazione della cartella sanitaria e di rischio” di cui all’ALLEGATO 3A.
VERSIONE “AGOSTO 2010”
Inserite le modifiche legislative introdotte dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, pubblicato sul S.O. n. 114/L alla G.U. n.125 del 31/05/2010, agli articoli 3, 9, 28 e 29 convertito con modificazioni con la Legge 30 luglio 2010, n. 122 pubblicato sul S.O. n. 174/L alla G.U. n. 176 del 30 luglio 2010. Inserita nota personale all’art. 34 comma 3.
VERSIONE “MARZO 2010”
Inserita la modifica legislativa all’articolo 3 comma 2 apportata dall’art. 6 comma 9-ter della Legge 25/2010, pubblicata sul S.O. n. 39/L alla G.U. n. 48 del 28 Febbraio 2010. In questa versione sono stati corretti i seguenti errori:
■ corretto l’art. 87 comma 3 lettera a) inserito il punto 2.10;
■ inserito commento personale all’articolo 87, comma 6;
■ corrette le sanzioni a margine degli articoli 63, 93, comma 2, 100, comma 6-bis, 140, comma 6, 175 commi 1 e 3, 239 comma 2 (sanzione per il preposto), art. 273, comma 2;
■ cambiata colorazione agli articoli 238 comma 2 (sanzione amministrativa), 276 comma 2, punto 2.10 Allegato V parte II, punto 5.6.1 dell’Allegato V parte II.
VERSIONE “FEBBRAIO 2010”
In questa versione sono stati corretti i seguenti errori:
■ corretto il comma 7 dell’art. 37: eliminate le parole “e in azienda”;
■ corretto l’art. 71 comma 11;
■ inserita nota personale all’art. 79 comma 2-bis;
■ corretti i soggetti responsabili delle sanzioni all’art. 90 commi 7 e 9, lett. c);
■ corretto riferimento dell’articolo sanzionatorio della violazione dell’art. 100 comma 4;
■ corretto l’articolo 105;
■ corretto articolo 118 comma 1 (eliminata la frase “eseguiti senza l’impiego di escavatori meccanici”, come previsto dall’art. 74 del d.lgs. 106/09);
■ corretto il quadro sanzionatorio dell’art. 138 commi 3 e 4 a carico dei datori di lavoro e i dirigenti;
■ corretto l’articolo 306 e inserita la relativa nota personale.
VERSIONE “OTTOBRE 2009”
In questa versione sono state inserite le note ufficiali al D.Lgs. 05 agosto 2009 n. 106, pubblicate nel Supplemento Ordinario n. 177 alla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 29/09/2009.
Inoltre, sono stati ripristinati i collegamenti ipertestuali non funzionanti nella precedente versione e sono stati corretti seguenti errori:
■ corretta sanzione all’art. 26 comma 3 e inserita nota personale interpretativa;
■ eliminati i commi 6 e 7 all’art.118 inseriti erroneamente;
■ inserita sanzione all’art. 131 comma 6;
■ inserita lettera e) al comma 5 dell’art. 271
5. TESTO UNICO E RESPONSABILITÀ PENALE
Il T.U. non prevede sanzioni nei confronti del RSPP collegate alla violazione degli obblighi specifici che la normativa elenca all’art. 9, contrariamente a quanto previsto per DDL, dirigenti, preposti, lavoratori. Di conseguenza il responsabile non potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto omissivo, di natura colposa, vale a dire di un evento costituente la concretizzazione del rischio che la norma cautelare intendeva prevenire, in quanto non è destinatario di norme di tal genere munite di sanzione.
Gli obblighi che le disposizioni antinfortunistiche pongono a carico del DDL permangono anche nel caso in cui sia stato nominato il RSPP, perché le norme che caratterizzano tale figura mirano a rafforzare il sistema di garanzia a protezione dei lavoratori ma non comportano che la nomina de qua abbia efficacia liberatoria per il DDL, posto che questi rimane il principale destinatario dei precetti la cui violazione è penalmente sanzionata.
Diciamo che, generalmente, fermo restando quello che è, in caso di contenzioso, lo spazio decisionale di cui usufruisce il giudice, il RSPP può essere sanzionato penalmente laddove gli siano stati conferiti obblighi tramite deleghe particolari.
In tal caso risponderà per i poteri conferitigli tramite la delega, ma non potrà mai essere sanzionato nella sola ed esclusiva qualità di RSPP e, come tale, tra i collaboratori del DDL è l’unico a non essere soggetto ad un apparato sanzionatorio specifico, proprio per la sua funzione di “staff”.
La delega, nell’ambito della sicurezza sul lavoro, consiste nel trasferimento degli obblighi in materia di prevenzione e sorveglianza gravanti sul DDL (delegante) ad un’altra persona (delegato). Con la delega, il delegante rinunzia ad esercitare alcuni poteri e competenze, pur rimanendone titolare in via originaria; il delegato, di conseguenza resta direttamente responsabile del proprio operato.
Nella materia antinfortunistica, la delega in favore di altri soggetti assume valore, al fine di escludere la responsabilità in capo al delegante, solo ove questi sia incolpevolmente estraneo alle inadempienze del delegato o non sia neppure stato informato di tali inadempienze, così da escludere un comportamento di inerzia o di colpevole tolleranza.
Il delegante, tuttavia, mantiene l’obbligo di sorveglianza sull’operato del delegato pur valutato alla stregua delle connotazioni del caso concreto. Qualora venga accertato il mancato adempimento di tale obbligo, si configura, in capo al delegante, il reato della “culpa in vigilando”.
Qualora il delegante, invece, scelga una persona tecnicamente non affidabile si configura, in capo al delegante, il reato della “culpa in
eligendo”.
A tal proposito, il T.U. fornisce delle importanti precisazioni sulle caratteristiche della delega (art. 16) e sugli obblighi non delegabili del DDL (art. 17):
art. 16 (Delega di funzioni)
La delega di funzioni da parte del DDL, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a. Che essa risulti da atto scritto recante data certa
b. Che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate
c. Che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate
d. Che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate
e. Che la delega sia accettata dal delegato per iscritto
art. 17 (Obblighi del DDL non delegabili)
Il DDL non può delegare le seguenti attività:
La valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’art. 28;
La designazione del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
L’RSPP che non sia destinatario di alcuna delega può essere, tuttavia, sanzionato penalmente laddove una sua imprudenza, negligenza, imperizia, relativa esclusivamente ai compiti istituzionalmente previsti per la sua carica (art. 33 del T.U.), abbia provocato comunque nocumento a terzi e cioè solo in caso di infortunio o malattia professionale.
Ad esempio, nel caso specifico in cui dalla ricostruzione dei fatti portata a termine dal giudice risulti che un evento lesivo occorso ad un lavoratore sia stato cagionato dalla mancata o incompleta adempienza dei compiti del RSPP, non si può non concludere con l’affermazione di responsabilità (almeno concorrente) del RSPP, in relazione alle lesioni riportate dal lavoratore.
In effetti, negli ultimi tempi, a seguito di infortunio, abbiamo assistito a delle sentenze di condanna del RSPP, nelle quali lo stesso ricopre una funzione di consulenza del DDL.
6. RESPONSABILITÀ CIVILE
Più estesa di quella penale è la responsabilità civile del RSPP derivante dall’inesatto adempimento dei propri compiti, così come sanciti dall’art. 33 del T.U. , e/o dall’esecuzione di atti dolosi o colposi che causino danni.
Questa responsabilità viene considerata qualora il DDL adempia correttamente ai suoi doveri nei confronti del RSPP, come previsto dall’art. 18, comma 2 del T.U.: “il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a. La natura dei rischi.
b. L’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle misure preventive e protettive.
c. La descrizione degli impianti e dei processi produttivi.
d. I dati di cui al comma 1, lettera r del T.U. e quelli relativi alle malattie professionali.
e. I provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza”.
Le informazioni ed i dati forniti al SPP costituiranno il metro di valutazione dell’adeguatezza dei comportamenti del RSPP. Il responsabile interno, inoltre, ha un’ulteriore limitazione di responsabilità, derivante dalla necessaria conoscenza della sua professionalità da parte del DDL.
La responsabilità civile comporta l’accertamento di un comportamento illecito (atto doloso o colposo che abbia causato un danno ingiusto) ovvero di un inadempimento contrattuale, per cui ne consegue l’obbligo di risarcire i danni scaturiti.
L’obbligazione risarcitoria economica, nella quale sfociano le sentenze di condanna per le fattispecie in esame, è suscettibile di regresso (tra diversi soggetti obbligati solidalmente), rivalsa (dall’obbligato nei confronti del danneggiato all’effettivo responsabile) e/o distribuzione (tra diversi soggetti obbligati ciascuno secondo le proprie competenze ed attribuzioni); può, pertanto, svilupparsi nei confronti dei diversi soggetti, tra i quali l’eventuale ditta assicuratrice per la responsabilità civile.
Ciò a differenza della responsabilità penale che non è suscettibile di volontari spostamenti ma è personale.
Riguardo alla tutela assicurativa, le polizze di assicurazione possono tutelare il responsabile sotto due profili fondamentali: la responsabilità civile e l’assistenza legale e tecnica (o peritale). Infatti, mentre nessun contratto può impegnare alcuno a subire le sanzioni penali al posto di qualcun altro, la garanzia dell’assistenza può impegnare la compagnia assicuratrice a sostenere i costi per la difesa, sia legale che tecnica, nel procedimento penale.
7. LEGISLAZIONE GENERALE E SPECIALE IN MATERIA DI PREVENZIONE INFORTUNI E IGIENE DEL LAVORO: CENNI STORICI
La legislazione italiana per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro risulta alquanto complessa essendo costituita da centinaia di testi legislativi (Leggi, Decreti del Presidente della Repubblica, Decreti Ministeriali, Circolari) emanati in momenti storici successivi e mai compendiati in un unico testo di legge.
Nonostante infatti già la Legge 833 del 1978 (quella che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale) prevedesse all’art.24 l’emanazione di un Testo Unico in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ci sono voluti oltre 30 anni perché ciò avvenisse.
Tale legge, centrale nel panorama legislativo sanitario nazionale, poneva tra l’altro al centro della sua iniziativa alcuni punti saldi che erano nell’ordine:
1. la prevenzione sanitaria
2. la “territorializzazione” dell’assistenza sanitaria
3. la “de-ospedalizzazione”
4. la suddivisione in tre fasce fondamentali dell’assistenza sanitaria in :
a) medicina di base e preventiva
b) medicina ospedaliera e specialistica generale
c) medicina ultra-specialistica e ricerca
L’applicazione della riforma sanitaria nel paese, in verità, è stata effettuata parzialmente ed in modo non omogeneo.
In alcune regioni la riforma ha avuto una puntuale applicazione in tutte le sue parti, in altre, e sono la maggioranza, solo alcuni settori hanno avuto un loro sviluppo armonico col resto del paese.
Sul terreno della prevenzione però, salvo lodevoli eccezioni di alcune regioni come l’Emilia-Romagna, la Toscana, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia- e talvolta nemmeno diffuse su tutto il territorio come nel caso della Lombardia – globalmente la prevenzione degli infortuni e delle malattie è stata la “Cenerentola” della Sanità.
Negli ultimi anni, invece, è iniziato nel nostro Paese il recepimento delle numerose Direttive emesse in materia dall’Unione Europea (UE) al fine di allineare la nostra legislazione con quella degli stati membri della Comunità.
È utile rammentare a tal fine che la legislazione nazionale in materia era sicuramente, per i suoi tempi, avanzata e, per gli attuali, adeguata e solo da adattarsi per alcune parti sotto l’aspetto delle responsabilità civile e penale più che sotto l’aspetto tecnico.
Nelle pagine seguenti valuteremo sinteticamente la normativa più significativa che ha preceduto l’emanazione del Testo Unico (D.Lgs. 81/08).
Analizzando l’evoluzione storica della legislazione italiana in tema di prevenzione degli infortuni e tutela della salute dobbiamo riconoscere a 2 decreti, in particolare, il ruolo di pietre miliari e cioè il DPR 27/04/1955, n.547 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” e i DPR 19/03/1956, n. 302-303 “Norme generali per l’igiene del lavoro”.
Partiremo con l’analisi di questi due e si daranno cenni sulle altre norme più significative.
DPR 27/04/1955, n. 547: Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il decreto si applica a tutte le attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati e nelle quali si faccia uso di macchine, attrezzature, utensili ed apparecchi in genere.
Il decreto è articolato in 12 Titoli, tra cui, il primo, contiene disposizioni generali riguardanti gli obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori.
I titoli successivi contengono norme sia generali che particolari relative alla sicurezza degli ambienti di lavoro, di impianti, apparecchi e macchine.
In particolare, vengono indicati tra i doveri dei datori di lavoro, dirigenti e preposti quelli di:
a) attuare le misure di sicurezza previste nel decreto
b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici a cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione
c) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza e usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione (art. 4)
È inoltre fatto obbligo ai datori di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni e operazioni effettuate (art. 377).
In caso di infortunio, il datore di lavoro deve in primo luogo garantire che siano prestati immediati soccorsi di emergenza all’infortunato (art. 388), e deve curare la tenuta di un registro degli infortuni in cui siano annotati cronologicamente tutti gli infortuni occorsi ai lavoratori dipendenti che abbiano causato un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni; tale registro deve essere tenuto nel luogo di lavoro, a disposizione degli organi di vigilanza (art. 403).
Il DPR inoltre all’art.6, definisce i doveri dei lavoratori; tra gli altri, quello di osservare, oltre alle norme del decreto, le misure disposte dal datore di lavoro ai fini della sicurezza individuale e collettiva e di usare i mezzi di protezione e i dispositivi di sicurezza predisposti o forniti dal datore di lavoro.
DPR 19/03/1956, n. 303: Norme generali per l’igiene del lavoro
Anche questo decreto si applica a tutte le attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati, compresi coloro che svolgono il proprio lavoro sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un’arte o una professione (art. 1).
Sono escluse solo le imprese industriali e commerciali gestite direttamente dal titolare con il solo aiuto dei membri della famiglia con lui conviventi. Come già nel DPR 547, anche in questo decreto vengono esplicitati nelle disposizioni generali gli obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori (articoli 4 e 5).
Il DPR 303 riporta poi una serie di norme generali per garantire:
la salubrità degli ambienti di lavoro (per esempio la cubatura minima dei locali in rapporto al numero di occupati ecc.)
la difesa dagli agenti nocivi (per esempio la necessità di mantenere in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni)
l’introduzione di servizi sanitari e igienico-assistenziali (per esempio l’obbligo di visite mediche preventive e periodiche per i lavoratori) nei luoghi di lavoro.
Alcune delle norme contenute nei DPR 547 e 303 che, a causa della continua evoluzione tecnica, risultavano attualmente non più adeguate, sono state aggiornate o sostituite nel D.LGS. 626/94; nel medesimo decreto vengono inoltre meglio esplicitate ed integrate le disposizioni generali relative alla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il D.LGS. 81/08 rappresenta un ulteriore aggiornamento e ampliamento di tali contenuti.
Legge 20/05/1970, n. 300: Statuto dei lavoratori
Questa legge, tra l’altro, riconosce ai lavoratori, attraverso le loro rappresentanze sindacali, il diritto, da un lato, di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e, dall’altro, di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica (art. 9).
Legge 23/12/1978, n. 833: Istituzione dei Servizio Sanitario Nazionale
In accordo con quanto sancito negli articoli 32 e 35 della Costituzione Italiana, la Legge 833 colloca fra gli obiettivi dei Servizio Sanitario Nazionale (SSN):
la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e di lavoro;
attribuisce al SSN il compito di perseguire la sicurezza del lavoro con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari (art. 2).
Tali compiti vengono puntualizzati all’art.20 in cui vengono elencate le attività di prevenzione demandate alle Unità Sanitarie Locali (attualmente Aziende Sanitarie Locali, di seguito ASL) tra le quali:
l’individuazione, l’accertamento e il controllo dei fattori di nocività e pericolosità negli ambienti di lavoro;
la comunicazione dei dati accertati e la diffusione delle loro conoscenze;
la formulazione delle mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo.
Alle ASL vengono inoltre attribuiti i compiti di ispezione e vigilanza sull’igiene e la sicurezza del lavoro in precedenza affidati all’Ispettorato del Lavoro, e a tal fine viene prevista presso di esse l’organizzazione di propri
servizi di igiene ambientale e medicina del lavoro. (art. 21).
La Legge prevede inoltre la creazione di Presidi o Servizi Multizonali di Prevenzione ovvero di strutture con bacino territoriale più ampio di quello delle ASL, individuati in relazione alla consistenza degli impianti industriali e alla peculiarità dei processi produttivi, con funzione di supporto alle ASL per specifici problemi (analisi chimico-fisiche ecc., art. 22).
L’art. 23 istituisce l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) cui sono affidati compiti di ricerca, di studio, di sperimentazione e di elaborazione delle tecniche per la prevenzione e la sicurezza del lavoro nonché di determinazione dei criteri di sicurezza e dei relativi metodi di rilevazione ai fini dell’omologazione di macchine, impianti, strumenti, mezzi personali di protezione.
D.Lgs. 19/09/1994, n. 626
Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Il decreto recepisce otto direttive comunitarie:
una direttiva quadro sull’attuazione delle misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
una direttiva sulle prescrizioni minime nei luoghi di lavoro;
una direttiva sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per l’utilizzo da parte dei lavoratori delle attrezzature da lavoro durante il lavoro;
una direttiva sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale dei carichi che comporta tra l’altro rischi dorso lombari per i lavoratori;
una direttiva sulle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali;
una direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi relativi all’esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro;
una direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi relativi all’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro;
una direttiva sulle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l’uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro.
Pur nell’impossibilità di trattare in maniera approfondita tutte le numerose disposizioni contenute nel decreto, riteniamo comunque importante citare in questa sede alcuni degli aspetti più innovativi e/o di maggiore rilevanza per il personale sanitario.
Gli aspetti relativi alla protezione da agenti biologici verranno trattati a parte, nell’apposito paragrafo sulla prevenzione dal rischio infettivo in ambiente sanitario, nel quale sono riportate anche le altre normative ritenute di maggior rilevanza.
Il D.Lgs. 626/94 prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività esplicate (art. 1). Rileviamo che vengono equiparati ai lavoratori anche gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria o professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o perfezionare le loro scelte professionali, nonché gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi e attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici (art. 2).
Tra le misure generali di tutela (art. 3) vengono incluse l’eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, privilegiando la riduzione dei rischi alla fonte e indicando come prioritarie le misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale, nonché l’informazione, la formazione, la consultazione e partecipazione dei lavoratori.
Al comma 2 dello stesso articolo viene specificato che le misure relative alla sicurezza, all’igiene e alla salute durante il lavoro (inclusi i dispositivi di protezione individuale) non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Viene dettata una vasta serie di obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto (art. 4).
Tra gli altri:
l’obbligo di effettuare una valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza e di riportare i risultati di tale valutazione in un’apposita
relazione, in cui vengono anche indicate le misure di prevenzione e di protezione messe in atto;
l’obbligo di rielaborare la valutazione ogni qualvolta vengano introdotti mutamenti organizzativi e produttivi dell’attività lavorativa che hanno rilevanza ai fini della salute, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione;
l’obbligo di consegnare una copia della cartella sanitaria e di rischio al lavoratore al momento della risoluzione del rapporto di lavoro.
Totalmente innovativo rispetto alla normativa preesistente è poi l’obbligo per il datore di lavoro di organizzare, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, un servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali (art. 8), a cui vengono affidati specifici compiti
nell’individuazione e nell’attuazione delle misure di prevenzione (art. 9). Gli obblighi dei lavoratori sono invece delineati all’art.5.
La sorveglianza sanitaria dei lavoratori è effettuata dal medico competente e comprende (art. 16):
a) accertamenti preventivi, intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
I compiti del medico competente sono elencati all’art.17 e includono:
in primo luogo, la collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione aziendale per la predisposizione delle misure di tutela;
l’effettuazione della sorveglianza sanitaria dei lavoratori;
l’obbligo, che è comunque del datore di lavoro, di richiedere l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal decreto (art. 4, comma 5, lett. g).
Particolari prescrizioni di sorveglianza sanitaria sono poi indicate nei Titoli del decreto che trattano di specifici rischi.
Una delle novità più rilevanti introdotte dal decreto è l’istituzione, in tutte le aziende o unità produttive (e quindi anche nelle strutture ospedaliere), di un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori (art. 18), dotato di ampie attribuzioni e particolari diritti, elencati all’art.19, nell’ambito della prevenzione dei rischi lavorativi.
Pure decisamente innovativi sono le disposizioni contenute negli articoli 21 e 22, in cui vengono esplicitati i diritti di informazione e formazione di ciascun lavoratore (diritto individuale).
Al Capo III del Titolo I (prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso) sono elencate disposizioni generali e criteri per la prevenzione degli incendi e vengono sanciti i diritti del lavoratore, in caso di pericolo grave e immediato, di allontanarsi dal posto di lavoro e di prendere misure per evitare le conseguenze di tale pericolo.
La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro (art. 23) rimane un compito affidato alle ASL (e, per quanto di specifica competenza, dei Vigili dei Fuoco).
Solo nel caso di rischi particolarmente elevati l’attività di vigilanza potrà essere esercitata anche dall’Ispettorato del Lavoro.
Ai Titoli II e III, rispettivamente riguardanti i luoghi di lavoro e l’uso delle attrezzature di lavoro è riportata, tra l’altro, una serie di aggiornamenti delle norme contenute nei DPR 303 e 547.
L’intero Titolo IV è poi dedicato all’uso dei dispositivi di protezione individuale (di seguito DPI).
Viene ribadito che tali DPI devono essere impiegati solamente quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (art. 41).
I DPI devono essere forniti dal datore di lavoro, che deve anche garantire un’adeguata informazione e formazione sull’utilizzo più corretto, e provvedere alla manutenzione, riparazione e sostituzione.
Nella scelta dei mezzi di protezione si deve tenere conto che possono essere adottati solamente quelli conformi alle norme di cui al D.Lgs. 04/12/1992, n. 475.
Tra i DPI di uso più frequente in ambiente sanitario, per esempio, sono espressamente citati dalla legge (allegato IV del decreto) i dispositivi di protezione degli occhi (occhiali di protezione contro i raggi X, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili) e quelli per la protezione delle mani e delle braccia (guanti).
Particolarmente importanti per le evidenti implicazioni sul lavoro del personale sanitario sono poi le disposizioni contenute nel Titolo V sulla movimentazione manuale dei carichi.
Le disposizioni contenute si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con rischi, tra l’altro, di lesioni dorso lombari per i lavoratori.
Tali norme si applicano perciò a tutti i settori produttivi e di servizio (compresi i servizi sanitari e di assistenza) in quanto tra i carichi movimentati possono essere incluse le persone. Il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare le misure organizzative necessarie o di ricorrere ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche per evitare la necessità di una movimentazione manuale.
Solamente qualora ciò non sia possibile deve adottare le misure organizzative (per esempio rotazione dei compiti) o ricorrere a mezzi appropriati per ridurre l’entità del rischio e deve sottoporre i lavoratori esposti a sorveglianza sanitaria.
Al Titolo VI sono riportate le norme applicabili ad attività lavorative che comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali.
Tra gli obblighi del datore di lavoro al momento della valutazione dei rischi, troviamo quello di prendere in considerazione (art. 52) i rischi per la vista e per gli occhi, i problemi legati all’affaticamento fisico o mentale, le condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
Molto innovativo è il contenuto dell’art.53, ove si afferma che il datore di lavoro assegna mansioni e compiti comportanti l’uso di videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
All’art.54 viene specificato che il lavoratore che svolge la sua attività per almeno 4 ore consecutive ha diritto a un’interruzione della sua attività mediante pause, ovvero cambiamento di attività; le modalità di tali interruzioni sono stabilite per contratto, o, in assenza di una disposizione contrattuale, devono comunque essere garantiti quindici minuti di pausa ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale; per gli stessi lavoratori deve essere prevista un’attività di sorveglianza sanitaria (visite mediche preventive e periodiche, art. 55); inoltre, il lavoratore ha la possibilità di essere sottoposto a controllo oftalmologico su sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva e la sua richiesta venga confermata dal medico competente.
Le disposizioni relative alla protezione da rischi cancerogeni sono contenute nel Titolo VII.
Sono escluse dal campo di applicazione quegli agenti cancerogeni per i quali è già prevista una apposita normativa (come per l’amianto o le radiazioni ionizzanti).
Vengono definite sostanze cancerogene quelle sostanze a cui è stata attribuita, la menzione “R45 – Può provocare il cancro” o la menzione “R49 – Può provocare il cancro per inalazione” ovvero quei preparati su cui deve essere apposta l’etichetta con le medesime menzioni (art. 61).
Gli obblighi del datore di lavoro sono riportati all’art.62 in cui vengono chiaramente indicate le priorità da porre nella prevenzione del rischio: in primo luogo evitare o ridurre l’utilizzo dell’agente cancerogeno sostituendolo, laddove possibile, con sostanze o preparati o processi meno nocivi e, solo quando ciò non è tecnicamente possibile, adottare sistemi di lavorazione a ciclo chiuso.
Se anche questo non fosse tecnicamente possibile il datore di lavoro deve provvedere affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
Negli articoli successivi sono riportate le indicazioni per la valutazione dei rischi, le misure tecniche, organizzative e procedurali, le misure igieniche, l’informazione e formazione dei lavoratori, che fanno sempre parte degli obblighi del datore di lavoro.
Vengono poi indicate (articoli 69-72) le norme relative alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori che includono la compilazione di un registro di esposti in cui sono iscritti i lavoratori e in cui, per ciascuno di essi, deve essere riportata l’attività svolta, l’agente cancerogeno utilizzato e, ove noto, il valore dell’esposizione a tale agente.
Il registro è istituito e aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta insieme al medico competente ed è a disposizione del rappresentante della sicurezza e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Copia del registro deve essere consegnata all’ISPESL (art. 70).
I medici, le strutture sanitarie e gli istituti previdenziali che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni devono trasmettere all’ISPESL copia della documentazione clinica, anatomopatologica e inerente l’anamnesi lavorativa (art. 71).
La legge prevede inoltre espressamente (articoli 89-94) una serie di sanzioni per le contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti, dai preposti, da commercianti e installatori, dal medico competente e dai lavoratori.
8. FILOSOFIA DEL TESTO UNICO
La necessità di un Testo Unico era già stata prevista fin dal 1978, dalla Legge 833 cd. “Riforma sanitaria”. Nel 1994, con l’emanazione del D.Lgs. 626/94, si è attuata una importante modifica e riorganizzazione della intera materia della salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi lavoro. Successivamente, nell’ottobre del 2001, in occasione della presentazione del Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia è stato messo in rilievo “un eccesso di regolamentazione legislativa” causato dal recepimento, nei precedenti dieci anni, di numerose direttive comunitarie in materia (Capitolo II, 3.9. Igiene e sicurezza). Le leggi che avevano via via attuato le direttive europee, infatti, si erano sommate a disposizioni normative vecchie di decenni, dando vita ad una difficile compresenza. A ciò si aggiungeva che tali leggi si rivelarono spesso ispirate ad approcci diversi tra loro e, pertanto, incapaci di ridurre, sul piano pratico, il fenomeno infortunistico e delle tecnopatie. Sempre nel Libro Bianco sono state evidenziate altre carenze del panorama normativo allora vigente in materia di sicurezza, quali la mancanza di “buone prassi” e di criteri prevenzionistici specifici per le Piccole e Medie Imprese e per l’agricoltura, e l’inesistenza di normative specifiche e peculiari, poste a tutela di tutte le emergenti forme di lavoro alternative al tradizionale impiego a tempo pieno, indeterminato e svolto in azienda (c.d. lavori atipici). In tale quadro complessivo di riferimento, nel 2003 si inserisce la legge 229/03 in materia di “Riassetto normativo in materia di sicurezza sul lavoro” che, all’art.3, conferiva al Governo la delega a adottare, entro un anno dall’entrata in vigore della legge (quindi, entro settembre 2004), “uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori”, nel rispetto dei seguenti criteri direttivi:
riordino, coordinamento, armonizzazione e semplificazione delle disposizioni vigenti per l’adeguamento alle normative comunitarie e alle convenzioni internazionali in materia. Pertanto, la delega avrebbe dovuto essere esercitata innanzitutto in profonda aderenza alle direttive comunitarie, affinché il nostro ordinamento non presenti nessun arretramento rispetto ai livelli di prevenzione e sicurezza previsti e garantiti in Europa assicurando la piena esecuzione della normativa comunitaria in materia di salute e sicurezza, sia di quella già attuata che di quella in fieri.
Determinazione di misure tecniche ed amministrative di prevenzione compatibili con le caratteristiche gestionali ed organizzative delle imprese, in particolare di quelle artigiane e delle piccole imprese, anche agricole, forestali e zootecniche. Al riguardo, giova rilevare che quello dell’agricoltura è un settore peculiare, in quanto l’ambiente lavorativo coincide con l’ambiente di vita e in esso spesso sono rinvenibili rischi correlati non solo all’uso di macchine e di attrezzature, ma anche ad agenti cancerogeni, chimici, fisici e biologici. Inoltre, poiché il D.Lgs. 626/94, meglio si adatta alle aziende di grandi dimensioni, nelle Piccole e Medie Imprese si registra una scarsa attuazione delle norme prevenzionistiche, soprattutto a causa degli elevati costi a cui andrebbero incontro i piccoli imprenditori e gli artigiani qualora volessero adempiere compiutamente a tutte le disposizioni normative previste in materia di sicurezza.
Per questo, il fenomeno infortunistico è particolarmente diffuso nelle PMI (basti pensare che, negli anni 1993-1998, mentre l’aumento degli infortuni mortali dei lavoratori dipendenti nell’industria, è stato del +31,5%, nelle piccole aziende tale aumento è stato addirittura pari al +71,5%. A ciò si aggiunga che, nell’arco temporale di poco più di un decennio, fra il 1987 ed il 1998, le grandi imprese sono aumentate solo di poche unità, mentre le piccole si sono moltiplicate, soprattutto nel settore manifatturiero ad alta tecnologia. Più precisamente, su 1.100.000 imprese operanti in Italia, le piccole e medie aziende che occupano sino a 49 addetti costituiscono il 98% e danno lavoro al 53% degli occupati e, tra queste, l’87% occupa meno di 10 dipendenti.
Riordino delle norme tecniche di sicurezza delle macchine e degli istituti concernenti l’omologazione, la certificazione e l’autocertificazione. Si richiedeva di conferire maggiore chiarezza alla carente regolamentazione in materia di obblighi contravvenzionali delle macchine, di rinvio a norme tecniche e di libera circolazione delle macchine certificate CE.
Riformulazione dell’apparato sanzionatorio, con riferimento, in particolare, alle fattispecie contravvenzionali a carico dei preposti, alla previsione di sanzioni amministrative per gli adempimenti formali di carattere documentale; alla revisione del regime di responsabilità tenuto conto della posizione gerarchica all’interno dell’impresa e dei poteri in ordine agli adempimenti in materia di prevenzione sui luoghi di lavoro; al coordinamento delle funzioni degli organi preposti alla programmazione, alla vigilanza ed al controllo, qualificando prioritariamente i compiti di prevenzione e di informazione rispetto a quelli repressivi e sanzionatori. Si tratta, in particolare, di procedere al riordino dell’apparato sanzionatorio, con precipuo riferimento alla rimodulazione delle sanzioni amministrative accanto a quelle penali ed alle fattispecie contravvenzionali a carico dei preposti, erroneamente quasi equiparate a quelle a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti. Tale risultato può perseguirsi anche prevedendo la creazione di vere e proprie linee guida che si traducano in reale aiuto alle imprese, anche sotto il profilo organizzativo – gestionale, il tutto per favorire l’attuazione del management by objectives, al fine di assicurare l’effettivo svolgimento dei compiti assegnati ed il conseguimento dell’obiettivo della massima sicurezza possibile, il mantenimento nel tempo dei livelli di sicurezza raggiunti ed una consequenziale implementazione degli stessi1 . Lo scopo di tale intervento deve essere quello di impedire che, come accaduto nella vigenza dell’attuale quadro normativo di riferimento, la prevenzione sia affrontata solo in funzione della mera applicazione del singolo precetto antinfortunistico e, quindi, sia più orientata al soddisfacimento degli aspetti meramente formali che a quelli sostanziali determinando il passaggio da una gestione della sicurezza per regole ad una, appunto, per obiettivi2 . 1 Si veda, al riguardo, la definizione fornita dalle norme British Standard 8800: 1996 – Guide To Occupational Health And Safety Management System. 2 Si tratta, del resto, di una prospettiva in linea con i più recenti interventi legislativi, sia comunitari che nazionali, i quali sono imperniati sul principio che la “salute e sicurezza sul lavoro è un compito gestionale”.
Promozione dell’informazione e della formazione preventiva e periodica dei lavoratori sui rischi connessi all’attività dell’impresa in generale e allo svolgimento delle proprie mansioni, con particolare riguardo ai pericoli derivanti dall’esposizione a rumore, ad agenti chimici, fisici, biologici, cancerogeni e ad altre sostanze o preparati pericolosi o nocivi e alle misure di prevenzione da adottare in relazione ai rischi.
Assicurazione della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in tutti i settori di attività, pubblici e privati, e a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di lavoro o con il committente. Si tratta di una previsione di assoluta rilevanza, che esprime l’intenzione di estendere le tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro a tutte le varie e differenti fasce di lavoratori, in molti casi ancora non rientranti nel campo di applicazione delle leggi di sicurezza e salute, ponendo in tal modo rimedio alla difficile applicabilità dei precetti di cui al D.Lgs. 626/94, alle forme di lavoro non riconducibili al modello tradizionale dell’impiego a tempo indeterminato, svolto in regime di subordinazione. L’indirizzo appena segnalato ha già trovato una sua importante anticipazione nell’estensione, ad opera della legge 14 febbraio 2003, n. 30, e del suo decreto legislativo di attuazione, il D.Lgs. 276/03, alle nuove tipologie di lavoro introdotte dalla “Riforma-Biagi” delle tutele antinfortunistiche oggi previste per il lavoro subordinato, il cui modello prevenzionistico resta – come va sottolineato – del tutto immutato (senza alcuna diminutio).
Adeguamento del sistema prevenzionistico e del relativo campo di applicazione alle nuove forme di lavoro e tipologie contrattuali, anche in funzione di contrasto rispetto al fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare. Al riguardo, va sottolineato che l’attuale quadro normativo ha concorso a determinare una scarsa propensione del sistema italiano ad uscire da una condizione di lavoro sommerso, perché gli adempimenti sono tali e tanti che inducono all’elusione e al lavoro in nero. Da ciò è derivato che, a tutt’oggi, l’Italia, insieme alla Grecia, è il Paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di lavoro nero.
Promozione di codici di condotta e diffusione di buone prassi che orientino la condotta dei datori di lavoro, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati. L’adozione di misure promozionali ed incentivanti, infatti, può essere potenziata ed adeguatamente valorizzata mediante l’elaborazione di codici di condotta e di buone pratiche.
Riordino e razionalizzazione delle competenze istituzionali al fine di evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi e competenze, garantendo indirizzi generali uniformi su tutto il territorio nazionale nel rispetto delle competenze previste dall’art. 117 della Costituzione. Infatti, fermo restando che le potestà legislative di Stato e Regioni sono, per espressa disposizione del comma 1 del rinnovato articolo 117 Costituzionale., entrambe obbligate al “rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, la materia della “tutela e sicurezza del lavoro” è riservata alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
Realizzazione delle condizioni per una adeguata informazione e formazione di tutti i soggetti impegnati nell’attività di prevenzione per la circolazione di tutte le informazioni rilevanti per l’elaborazione e l’attuazione delle misure di sicurezza necessarie. Si richiedeva l’adozione di un vero e proprio sistema di “benchmarking” cui concorressero innanzitutto Regioni, Parti Sociali, INAIL, ISPESL e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, quale strumenti in grado di individuare parametri per la misurazione e la classificazione degli infortuni sul lavoro certi ed accettati da tutti i soggetti interessati alla attività di prevenzione dagli infortuni sul lavoro, presupposto per una corretta informazione e formazione di tutti coloro che siano coinvolti nella gestione della sicurezza sul lavoro.
Modifica o integrazione delle discipline vigenti per i singoli settori interessati, per evitare disarmonie. Tale criterio era chiaramente in linea con l’intenzione del Governo di eliminare le criticità presenti nel nostro ordinamento.
Conferma del principio dell’esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore in relazione all’adozione delle misure relative alla sicurezza, all’igiene e alla tutela della salute dei lavoratori, già presente nel nostro ordinamento giuridico e sancito dall’art. 3 del D.Lgs. 626/94, il cui comma 2 statuisce che: “Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori”. In assoluta coerenza con i criteri di delega appena riportati, la riconduzione della normativa vigente in materia in un “Testo Unico” ha come finalità primaria l’innalzamento della qualità e della sicurezza del lavoro, anche attraverso la definizione di una strategia prevenzionistica incentrata su obiettivi sostanziali e non soltanto su regole formali, valorizzando adeguatamente il dialogo sociale sul territorio e la bilateralità, quale fattore di controllo sociale, e inducendo le imprese, anche con norme premiali e incentivanti, a perseguire condotte socialmente responsabili. Attraverso la bilateralità, incentivata anche mediante l’indirizzo degli organi ispettivi e di controllo verso aree non coperte dal controllo sociale, sarà possibile mantenere elevati standard di tutela alleggerendo tuttavia i vincoli meramente formali e burocratici.
8.1 LA TECNICA LEGISLATIVA SEGUITA PER LA REDAZIONE DEL TESTO UNICO
Nella stesura del decreto legislativo in materia di salute e sicurezza si è utilizzato un metodo di lavoro idoneo a permettere la redazione di un documento non solo di portata compilativa ma anche innovativo e semplificato rispetto al sistema previgente, alla condizione essenziale che rispetti il rinnovato assetto costituzionale delle competenze Stato-Regioni. A tal fine, si è ritenuto di poter identificare un nucleo intangibile di norme individuato nelle disposizioni delle direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza e nei loro allegati. Operando in tal senso è possibile riportare il sistema normativo italiano in materia, ad una più stretta adesione allo spirito e alla lettera del corpus normativo comunitario, costituito dalla direttiva “madre”, la 89/391/CEE, e dalle numerose direttive particolari da essa discese, ivi compresi tutti i rispettivi allegati. Nell’articolato vengono ricompresi esclusivamente gli obblighi fondamentali di natura organizzativa e comportamentale, mentre vengono riservate agli allegati le norme di buona tecnica, le buone prassi e i principi generali di sicurezza a cui devono corrispondere gli standard tecnico costruttivi di macchine, impianti, apparecchi elettrici e di altri settori specifici di interesse per la sicurezza. L’obiettivo perseguito è stato quello di armonizzare tutte le leggi vigenti in una logica unitaria, abrogando le normative speciali integrate nel “Testo Unico” e facendo esplicito e specifico riferimento alle normative di settore che, al contrario, rimangono in vigore al di fuori di questo. Ciò permette di rendere maggiormente esigibili ed accessibili le norme prevenzionistiche.
8.2 L’AMPLIAMENTO DEL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA
Tra le più importanti novità della nuova disciplina va subito segnalato il notevole ampliamento del campo di applicazione delle norme in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro rispetto a quello delimitato dal D.Lgs. 626/1994. E questo sia perché il T.U. si applica alle tipologie lavorative regolate dal D.Lgs. 276/03 sia in quanto si è deciso di ricomprendere tra i destinatari della normativa anche i lavoratori autonomi ed i componenti dell’impresa familiare. Tuttavia, in ragione della oggettiva situazione di diversità tra lavoratori subordinati (o ad essi equiparati) e lavoratori autonomi, si è scelto di modulare l’applicazione della normativa di salute e sicurezza in modo che a questi ultimi sia imposto unicamente di utilizzare Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) rispettosi delle regole di cui al decreto e di sottoporsi a sorveglianza sanitaria. Eguale scelta è stata operata con riferimento ai componenti dell’impresa familiare (art. 230-bis c.c.), stavolta non solo in ragione della diversità rispetto ai subordinati ma anche tenendo conto della esistenza di pronunce della Corte Costituzionale che hanno argomentato nel senso della necessità di non applicare all’impresa familiare le disposizioni in materia di salute e sicurezza in quanto incompatibili con il vincolo affettivo che lega tra loro i componenti di tale impresa, che potrebbe non conciliarsi con l’imposizione di obblighi stringenti da parte di un familiare nei confronti di altri. L’opzione adottata tiene conto sia della tendenza espansiva della giurisprudenza formatasi dopo il 1994 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, orientata a garantire tutela a chiunque si trovi in un ambiente di lavoro, anche ove non sia un lavoratore subordinato o ad esso equiparato, che delle più recenti sollecitazioni comunitarie, pur non ancora trasposte in direttive. Pertanto, non vengono considerati come destinatari di norme di sicurezza unicamente i lavoratori domestici di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, come previsto dalla Direttiva n. 89/391/CEE, i lavoratori che svolgono piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l’assistenza domiciliare ai bambini, alle persone anziane ammalate o con handicap e l’insegnamento privato supplementare di cui all’art. 70, lett. a) e b), del D.Lgs. 276/03. Sempre con riferimento al campo di applicazione, si è reputato di mantenere i regimi particolari oggi operanti, come da previsione dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nei confronti di alcuni settori (Forze Armate, Polizia, strutture giudiziarie, ecc.) in ragione delle loro peculiarità, che tale diversificazione impongono.
8.3 PROMOZIONE DELLA SALUTE E SICUREZZA ATTRAVERSO GLI ORGANISMI BILATERALI
Nel T.U. è riservata una funzione importante per gli enti bilaterali, sul presupposto che le aziende, specie quelle piccole e medie, possano beneficiare di una semplificazione degli adempimenti di sicurezza ove collegate alla bilateralità e, pertanto, per tale strada presumibilmente già sottoposte ad un controllo di tipo sociale. Così, gli organismi in parola mantengono e vedono notevolmente sottolineato il ruolo – già oggi ad essi riservato – di orientamento e promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti, così come la competenza in materia di raffreddamento delle controversie tra aziende e sindacati. Ad essi vengono riservate, inoltre, una serie di importanti prerogative, sul presupposto che la logica della bilateralità esprima efficacemente un sistema di relazioni industriali di tipo collaborativo e cooperativo, in grado di assicurare al meglio la promozione della cultura della sicurezza in azienda.
8.4 IL RUOLO DELLE NORME DI BUONA TECNICA E BUONE PRASSI E DELLA DISPOSIZIONE
La assoluta necessità di procedere alla completa rivisitazione delle previsioni in materia di salute e sicurezza contenute nei decreti degli anni ‘50 ancora oggi in vigore e di tener conto delle innovazioni tecniche nel frattempo intervenute ha imposto la ridefinizione in un ambito di buona tecnica – alla stregua delle norme emanate da CEN (Comitato Europeo di normalizzazione), CENELEC (Comitato Europeo per la standardizzazione Elettrotecnica), ISO (Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione), IEC (Commissione Internazionale Elettrotecnica), UNI (Ente Nazionale di Unificazione), CEI (Comitato Elettronico Italiano) – delle disposizioni legislative relative ad elementi di natura tecnica o costruttiva contenute nei D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, 7 gennaio 1956, n. 164, 19 marzo 1956, n. 302, 19 marzo 1956 n. 303, 20 marzo 1956, n. 320, 20 marzo 1956, n. 321, 20 marzo 1956, n. 322, 20 marzo 1956, n. 323. Analogamente si è ritenuto di dover individuare procedure e metodi organizzativi finalizzati ad ottenere una riduzione dei rischi come “buone prassi”. In tal modo si è introdotto nell’ordinamento giuridico un meccanismo di aggiornamento automatico degli standards tecnici di sicurezza al progresso scientifico e tecnologico, con un rinvio, da un lato, ai principi generali di sicurezza europei, e, dall’altro, alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi, evitando in tal modo di delegificare la materia per il tramite di rinvio ad atti regolamentari (rinvio che si manifesterebbe in netto contrasto con il Titolo V della Costituzione). Quindi, tutte le prescrizioni di carattere tecnico relative ad attrezzature di lavoro, impianti, macchine, apparecchi elettrici e luoghi di lavoro, verranno ricondotte – in ossequio a quanto previsto dalle direttive applicabili in materia – in un ambito di buona tecnica o di rispetto di principi generali di sicurezza europei. Ciò comporterà l’innalzamento degli standard di sicurezza attualmente vigenti, ancorati ad una normativa in larga parte obsoleta. Infatti, si è proceduto alla completa ricognizione delle norme contenute nei decreti degli anni ‘50 all’esito della quale si sono individuate le previsioni direttamente incidenti sulle condizioni di sicurezza, che sono state incorporate nel testo e per le quali il meccanismo del rinvio alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi non opera, e quelle che ormai risultano ampiamente superate ed il cui mancato rispetto non comporta conseguenze immediate e dirette sulle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, che vengono considerate norme di buona tecnica o buone prassi – ai sensi e per gli effetti del T.U. – non più obbligatorie ma la cui osservanza comporta l’adempimento degli obblighi di sicurezza.
8.5 RIORDINO E RAZIONALIZZAZIONE DELLE COMPETENZE ISTITUZIONALI
In attuazione del criterio di delega di cui alla lettera i) della legge 229/03, relativo al riordino delle competenze istituzionali, il presente testo prevede la modifica della composizione (assai meno nutrita che in passato) e delle competenze – finalizzate alla rinnovata filosofia della gestione della sicurezza per obiettivi e non per adempimenti, propria del “Testo Unico” – della Commissione permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro. Inoltre, si contemplano misure positive di finanziamento e sostegno per le piccole e medie imprese (a totale carico dell’INAIL) e l’istituzione di un coordinamento, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle attività prevenzionistiche attuate dall’INAIL, dall’ISPESL e dall’IIMS. Sempre in linea con la nuova filosofia ispiratrice dell’intervento di riforma, è stata, altresì, prevista un’azione di benchmarking1 con metodi di misurazione condivisi, attraverso il monitoraggio e la verifica – effettuata tramite la “regia” dell’INAIL – dell’effettiva applicazione della normativa di salute e sicurezza, ad opera delle Regioni e delle province autonome, dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e della Salute e delle parti sociali. Nessuna modifica è stata, invece, prevista con riferimento alle attività di vigilanza, che vengono riservate agli stessi organi oggi competenti, nella stessa misura e con gli stessi meccanismi oggi utilizzati (salvo quanto tra poco si dirà relativamente al potere di disposizione). 1 Il Benchmarking è un’efficace metodologia per misurare e incrementare le performance di un’impresa o di una Pubblica Amministrazione. In altre parole il Benchmarking è un processo continuo di misurazione di prodotti, servizi e prassi aziendali, mediante il confronto con i concorrenti più forti.
8.6 APPARATO SANZIONATORIO E POTERE DI DISPOSIZIONE
L’attuazione della lettera d) dell’articolo 3 della legge 229/03, è stata effettuata attraverso una rimodulazione degli obblighi di datore di lavoro, dirigenti e preposti realizzata tramite la scelta di mantenere lo stesso regime sanzionatorio a quel momento vigente continuando, in particolare, a prevedere la sanzione penale (con correlata possibilità di oblazione ex D.Lgs. 758/94) per tutti gli obblighi diretti ad incidere sulle condizioni di sicurezza degli ambienti di lavoro. Al riguardo, basti sottolineare che il Titolo XIII del T.U., relativo alle sanzioni, è stato mutuato – salvo piccole modifiche – direttamente dal D.Lgs. 626/94, e come esso presupponga un meccanismo sanzionatorio pressoché conforme a quello preesistente, incentrato sull’azione penale e correlata sanzione quale conseguenza della verifica dell’inosservanza delle normative di sicurezza direttamente incidenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Il sistema sanzionatorio attuale viene, in tal modo, potenziato – sempre in una ottica di prevenzione dell’inadempimento e non di mera repressione del medesimo – dall’implementazione del meccanismo della disposizione, destinato ad operare unicamente con riferimento a normative non direttamente incidenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e, ciò nonostante, attualmente assistite da sanzione penale in caso di loro inadempimento. In tali ipotesi, corrispondente all’area delle “norme di buona tecnica” e delle “buone prassi”, viene, infatti, consentito all’organo di vigilanza di impartire una disposizione in luogo della sanzione penale oggi prevista, sulla base di una normativa ormai obsoleta, consentendo al soggetto obbligato di adempiere entro un dato termine ai propri obblighi liberandosi di ogni responsabilità ed, al contempo, introducendo una sanzione penale assai gravosa in caso di perdurante inosservanza delle istruzioni impartite. In altre parole, tutti gli obblighi oggi sanzionati “direttamente” (vale a dire, senza utilizzare lo strumento della disposizione) dal D.Lgs. 626/94, restano tali anche nel “Testo Unico” e tutte le violazioni più gravi (ad esempio, in materia di valutazione del rischio o di utilizzo di agenti chimici) restano sanzionate con l’utilizzo dell’attuale sistema (verifica/comunicazione alla autorità giudiziaria/sanzione) e, quindi, attraverso la possibilità dell’adempimento ex D.Lgs. 758/94. Al riguardo, è opportuno specificare che nel presente testo si è avuta cura di individuare specificamente gli obblighi di maggiore rilevanza in materia prevenzionistica contenuti nei decreti degli anni ‘50 e ad “inserirli” nel T.U., sanzionandoli penalmente secondo il sistema oggi vigente. All’esito di detta ricognizione e “scorporo” i decreti in parola sono risultati composti da norme il cui contenuto risulta largamente superato dalla evoluzione della tecnica avvenuta nell’arco di ben 50 anni e che, tuttavia, sono ancora assistite da una sanzione penale che non ha ragion d’essere ove si consideri che si tratta di adempimenti non direttamente incidenti sui livelli di sicurezza in azienda. Appunto in base a tale considerazione, è stato possibile abrogare la parte “residua” (vale a dire, non compresa nel T.U., con conseguente assoggettamento al regime penale in vigore) dei seguenti provvedimenti: D.P.R. nn. 547/55, 303/56, 164/56, 320/56, 321/56, il 322/56, 323/56, legge n. 186 del 1968, legge n. 320/1990, e decreto legislativo n. 277/91. Pertanto, la gran parte delle disposizioni tecniche o procedurali contenute nelle leggi già menzionate sono state qualificate nel decreto quali “norme di buona tecnica” o “buone prassi”, al pari di quelle emanate da organismi europei, internazionali e nazionali specificamente individuati nel decreto. L’istituto della disposizione, pertanto, lungi dall’essere strumento di una diffusa depenalizzazione (che, ove attuata, giustificherebbe la prevedibile accusa di voler abbassare il livello di tutele nei confronti dei lavoratori ed a favore dei datori di lavoro inadempienti), opera solo con riferimento alle previsioni in ultimo citate, rispetto alle quali appare logico riferirsi alle indicazioni di organismi che, nei singoli settori di riferimento, sono in grado di indicare quali siano le soluzioni costruttive ed organizzative più idonee al momento ad assicurare il miglior livello di tutela antinfortunistica. Infine, ancora con riferimento al sistema sanzionatorio, va segnalato come nel presente testo, in attuazione del criterio di delega di cui all’art. 3, lett. d) della legge 29 luglio 2003, n. 229, siano stati individuati analiticamente e separatamente gli obblighi dei preposti, limitandoli a compiti di attuazione e vigilanza delle disposizioni della legge e di quelle impartite dai datori di lavoro e dai dirigenti. Tale previsione permetterà di ridurre drasticamente, sempre con i meccanismi sin qui descritti, le fattispecie contravvenzionali poste a carico dei preposti.
9. IL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Il Datore Di Lavoro (DDL) ha l’obbligo di organizzare il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) all’interno della propria azienda o incaricare persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici.
9.1 I COMPITI DEL SERVIZIO PREVENZIONE PROTEZIONE
I compiti del SPP sono indicati nell’art. 33, comma 1 del D.Lgs. 81/08.
Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;
ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36
9.2 SERVIZIO DI PROTEZIONE INTERNO O ESTERNO?
Il DDL deve organizzare il SPP obbligatoriamente interno all’azienda nei seguenti casi (D. Lgs 81/08, art. 31, comma 6):
• Aziende industriali di cui all’art. 2 del D.Lgs. 334/99 e successive modifiche ed integrazioni soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli artt. 6 e 8 del medesimo decreto
• Centrali termoelettriche
• Impianti ed installazioni di cui agli artt. 7, 28 e 33 del D.Lgs. 230/95 e successive modificazioni
• Aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni
• Aziende industriali con oltre 200 lavoratori
• Industrie estrattive con oltre 50 lavoratori
• Strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private con oltre 50 lavoratori
In tutti gli altri casi, se all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva non esistono dipendenti in possesso dei requisiti di cui all’art. 32 del T.U., il DDL deve far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda.
9.3 IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO PREVENZIONE PROTEZIONE
Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale (RSPP) è la figura strategica nel sistema di gestione della sicurezza previsto dal T.U. La designazione del RSPP, per lo stretto rapporto di fiducia che deve istituzionalmente intercorrere tra DDL e RSPP, è uno dei compiti non delegabili cui è soggetto il Datore di lavoro (D.Lgs. 81/08, art. 17, lettera b).
L’RSPP, allo scopo di mettere in atto i propri compiti deve instaurare un rapporto di interazione/collaborazione con numerosi soggetti presenti sia all’interno che all’esterno dell’azienda e deve essere dotato sia di capacità tecniche e gestionali che di comunicazione e di mediazione.
Inoltre, sia l’RSPP, che gli Addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP), sono obbligati a mantenere il segreto professionale in ordine ai particolari processi lavorativi di cui sono venuti a conoscenza durante lo svolgimento delle proprie funzioni (D.Lgs. 81/08, art. 33, comma 2).
Nel caso di nomina di un RSPP, il DDL deve anche controllarne l’effettivo possesso dei requisiti formali e professionali richiesti per lo svolgimento della carica ed il mantenimento degli stessi tramite l’obbligo di aggiornamento dei titoli professionali formativi.
9.4 CHI PUÒ ESSERE NOMINATO RSPP
Ai sensi degli artt. 31 e 34 del D.Lgs. 81/08, può svolgere il ruolo di RSPP:
• Un dipendente dell’azienda
• Un consulente esterno
• Il Datore di lavoro stesso
Quest’ultimo caso si può verificare solo se vengono rispettate ENTRAMBE le seguenti condizioni (allegato II e art. 34 del T.U.):
1. Il Datore di lavoro è a capo di:
a. Aziende artigiane e industriali fino a 30 addetti
b. Aziende agricole e zootecniche fino a 10 addetti
c. Aziende della pesca fino a 20 addetti
d. Altre aziende fino a 200 addetti
2. Il Datore di lavoro è in possesso di un attestato di partecipazione al corso di formazione della durata di almeno 16 ore, inerente i contenuti di cui all’art. 3 del D.M. 16/01/1997 (se acquisito prima del 11.01.2012) o di un attestato di partecipazione ad un corso di formazione di 16, 32 o 48 ore come previsto dall’accordo Stato Regioni, repertorio Atti 223/CSR dal 21.12.2011, e diventato esecutivo dal 11.01.2012.
Il contenuto dei corsi deve prevedere:
• Parte normativa – giuridica
• Parte gestionale
• Parte tecnica
• Parte relazionale
Il Datore di lavoro sarà altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di quanto sarà previsto nell’accordo.
Il Datore di lavoro non può, comunque, svolgere il ruolo di RSPP nelle seguenti attività:
(combinato disposto tra allegato II e art. 34, comma 1 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.)
• Nelle aziende industriali di cui all’art. 2 del D.Lgs. 334/99 e successive modifiche ed integrazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli artt. 6 e 8 del medesimo decreto
• Nelle centrali termoelettriche
• Negli impianti ed installazioni di cui agli artt. 7, 28 e 33 del D.Lgs. 230/95 e successive modificazioni
• Nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni
• Nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori
• Nelle industrie estrattive ed altre attività minerarie
• Nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private
9.5 RAPPORTI DEL RSPP ALL’INTERNO DELL’AZIENDA
Con il Datore di lavoro (DDL)
Il Servizio di Prevenzione e Protezione è un organo aziendale utilizzato dal Datore di lavoro (D.Lgs. 81/08, art. 33, comma 3), utilizzazione che, tuttavia, ha dei limiti ben precisi.
L’RSPP, infatti, ha compiti esclusivamente consultivi: osserva, valuta e suggerisce ed ha l’obbligo di segnalare al DDL eventuali rischi e/o carenze in materia di sicurezza.
Sarà comunque sempre il Datore di lavoro stesso a dover provvedere agli adempimenti del caso.
La designazione del RSPP, quindi, non esonera il DDL dalle sue responsabilità in materia di sicurezza.
Con il Medico competente (MC)
“Il Medico Competente collabora con il Datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre all’attuazione e valorizzazione di programmi volontari di “promozione della
salute”, secondo i principi della responsabilità sociale” (D.Lgs. 81/08, art. 25, lettera a).
In sostanza oltre alle visite degli ambienti di lavoro, il RSPP è chiamato a collaborare con il DDL e con il Medico Competente, allo scopo di identificare le mansioni soggette a sorveglianza sanitaria in sede di valutazione dei rischi; questa collaborazione è indispensabile in quanto il RSPP possiede la specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale, necessaria affinché il MC possa meglio identificare e valutare i rischi per la salute nonché suggerire le misure ed i comportamenti idonei ad attuare la migliore prevenzione possibile.
Con il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS)
L’RSPP partecipa alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’art. 35 del T.U. (D.Lgs. 81/08, art. 33, comma1, lettera e).
La riunione periodica, alla quale debbono partecipare DDL, RSPP, MC -ove nominato- e Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza, è anche occasione per stabilire una forma di collaborazione tra RSPP e RLS.
È evidente che tale collaborazione non si ferma alla sola riunione ma prevede un continuo scambio di informazioni, proposte, segnalazioni che hanno lo scopo di migliorare sempre più il livello qualitativo aziendale nell’ambito della sicurezza sul lavoro.
9.6 RAPPORTI DEL RSPP ALL’ESTERNO DELL’AZIENDA
Con gli Organi di Vigilanza
Potrebbe essere opportuno che il RSPP stabilisca dei contatti con gli Organi di Vigilanza competenti nel territorio per poter avere, ove
necessario, dei suggerimenti e delle indicazioni specifiche sui comportamenti da tenere nel campo della prevenzione.
Va sottolineato, inoltre, come in sede di ispezione sia il RSPP il principale interlocutore per l’Organo di Vigilanza, potendo fornire sia informazioni utili alle indagini, sia eventuali chiarimenti finalizzati alla comprensione del documento di valutazione dei rischi e delle procedure adottate.
Con progettisti, fabbricanti, installatori, appaltatori, lavoratori autonomi
Il RSPP dovrebbe essere coinvolto nelle fasi preparatorie ed esecutive inerenti le attività dei soggetti di cui sopra, nella misura in cui possono provocare od aumentare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
10. LE FIGURE DELLA PREVENZIONE
Il Datore di Lavoro deve:
• designare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e gli addetti al Servizio stesso
• nominare, qualora sia necessario, il Medico Competente
• valutare i rischi presenti in azienda
• elaborare il documento della sicurezza contenente:
l’analisi dei rischi
l’individuazione delle misure di sicurezza
la pianificazione degli interventi di prevenzione e protezione
• organizzare la sicurezza e la gestione delle emergenze
• informare e formare i lavoratori sui rischi aziendali e sulle misure adottate per la prevenzione e la sicurezza
I Dirigenti e i Preposti devono:
• richiedere l’osservanza di comportamenti corretti
• attuare le misure di sicurezza programmate
• collaborare con il Datore di Lavoro nelle attività connesse alla sicurezza sulle quali sono interessati e/o coinvolti
• richiedere l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI)
• segnalare eventuali problemi
Il Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione coordina il Servizio di Prevenzione e Protezione al fine di provvedere alla
gestione complessiva delle problematiche di sicurezza e alla elaborazione del documento della sicurezza.
Il Servizio di Prevenzione e Protezione provvede:
• ad individuare i fattori di rischio
• ad elaborare misure preventive e protettive per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro
• a proporre programmi di informazione e formazione
• a fornire specifiche informazioni ai lavoratori sui rischi potenziali e sulle misure di prevenzione da adottare
Il Medico Competente deve:
• eseguire gli accertamenti sanitari preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazione al lavoro
• eseguire accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed evitare possibili conseguenze dannose dovute al lavoro svolto
• eseguire visite mediche a richiesta dei lavoratori qualora la richiesta sia correlata ai rischi professionali
• esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica
• informare i lavoratori del significato e dei risultati degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti
• collaborare alla valutazione dei rischi
• collaborare all’attività di informazione e formazione
• collaborare con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso
Gli accertamenti comprendono esami clinici, biologici e indagini
diagnostiche mirate al rischio, ritenute necessarie dal Medico Competente.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza
• ha la facoltà di controllo dello svolgimento corretto dell’intera attività di prevenzione
• può accedere ai luoghi di lavoro
• viene consultato preventivamente in relazione alla valutazione dei rischi
• può consultare la documentazione aziendale inerente alla prevenzione e la tutela della salute dei lavoratori
I lavoratori devono
• rispettare le istruzioni impartite
• verificare l’effettiva applicazione delle misure di prevenzione a tutela della salute, tramite il proprio rappresentante per la sicurezza
• adoperarsi direttamente, nei limiti delle proprie competenze e possibilità, per eliminare o circoscrivere in caso di emergenza le
situazioni di pericolo
• non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre, non di loro competenza e che possano compromettere la sicurezza propria ed altrui
• segnalare immediatamente al responsabile o al preposto le disfunzioni o le carenze delle attrezzature o dei dispositivi di sicurezza in dotazione, nonché ogni situazione che presenti un pericolo grave per la sicurezza e la salute di cui si venga a conoscenza
• sottoporsi ai controlli sanitari previsti prescritti dal Medico competente e/o dagli Organi di Vigilanza
• ricevere adeguate informazioni sul significato ed i risultati degli accertamenti sanitari
• utilizzare correttamente, secondo le informazioni e la formazione ricevute, le macchine, le attrezzature ed i materiali messi a disposizione
• utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale
• astenersi dal compiere attività che possano danneggiare e/o manomettere i dispositivi di sicurezza, segnalazione e controllo montati sulle macchine e sugli impianti
• accettare, salvo giustificato motivo, la designazione all’incarico di addetto alle emergenze
• collaborare col datore di lavoro e i servizi preposti per garantire un ambiente e condizioni di lavoro senza pericoli né rischi per la sicurezza e la salute
• partecipare ai corsi di informazione e formazione
11. RLS, RLST, RLSPP: COMPITI, NECESSITÀ FORMATIVE, MODALITÀ DI ELEZIONE
La partecipazione dei lavoratori nelle varie fasi dell’attività di prevenzione in una logica di diritti e doveri ha un ruolo importante per l’individuazione e l’attuazione di misure idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica nei luoghi di lavoro.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) permette di rappresentare le istanze, le problematiche e le necessità di informazioni e chiarimenti espresse dai lavoratori, con l’obiettivo di attuare lo spirito di partecipazione attiva nella pratica dei principi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
L’art. 47, comma 2 del T.U. stabilisce che “in tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (RLS).
Tale figura può essere individuata sia in ambito aziendale (RLS), sia Territoriale (RLST, art. 48) che a livello di Sito Produttivo (RLSSP, art. 49).
Il RLS è una figura che, opportunamente Informata/Formata e Addestrata, ha precisi compiti e doveri a sostegno della salvaguardia e tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nel rispetto delle norme previste per la tutela della privacy come previsto dal D.Lgs. 101/2018 recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)” più noto come GDPR e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) aziendale, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui verrà a conoscenza nell’esercizio delle sue specifiche funzioni.
11.1 NOMINA/ELEZIONE (art. 47 del T.U.)
A seconda del numero di dipendenti presenti in azienda il T.U. prevede diverse modalità di nomina/elezione del RLS.
FINO A 15 LAVORATORI
Per Aziende o unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori, secondo quanto previsto dall’art. 47, comma 3 del T.U., il RLS è di norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno, in altro modo è individuato per più aziende nell’ambito territoriale o del comparto produttivo di cui agli artt. 48 e 49 del Decreto in questione e di seguito specificato.
PIÙ DI 15 LAVORATORI
Nelle Aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori e, secondo quanto stabilito dall’art. 47, comma 4 del T.U., il RLS è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito delle Rappresentanze Sindacali in azienda (RSU o RSA) ed in assenza di tali rappresentanze, il RLS è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno. (come nel caso precedente)
L’elezione del RLS, ad ogni livello, deve avvenire in un’unica giornata stabilita da opportuno Decreto così come precisato dall’art. 47, comma 6 del T.U.
“l’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell’ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma”.
11.2 QUANTI RLS
Il numero, le modalità di designazione o di elezione del RLS, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva, così come precisato dall’art. 47, comma 5 del T.U.
In ogni caso, il numero minimo dei RLS (art. 47, comma 7, T.U.) è:
a. 1 per le aziende o unità produttive sino a 200 lavoratori
b. 3 per le aziende o unità produttive da 201 a 1.000 lavoratori
c. 6 per tutte le aziende o unità produttive oltre i 1.000 lavoratori
Aziende per le quali il numero dei RLS aumenta nella misura individuata dagli accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva.
Il datore di lavoro deve comunicare annualmente all’INAIL i nominativi dei RLS così come stabilito dall’art. 18, comma 1, lettera aa) del T.U. o nel caso di mancata designazione o elezione indicare l’assenza del RLS in azienda (ed in tal caso si applica l’art. 48).
11.3 QUALI ATTRIBUZIONI (art. 50 del T.U.)
Per quanto riguarda le “Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, l’art. 50 del T.U. stabilisce quanto di seguito riportato:
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a. accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni
b. è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda o unità produttiva
c. è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primo
soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente
d. è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’articolo 37
e. riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché
quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, all’organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali
f. riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza
g. riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella prevista dall’art. 37 del T.U.
h. promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica
dei lavoratori
i. formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito
l. partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 35 del T.U.
m. fa proposte in merito alla attività di prevenzione
n. avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività
o. può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l’accesso ai dati, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni informatiche.
Non può subire pregiudizio alcuno a causa dellO svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l’espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese
appaltatrici, su loro richiesta e per l’espletamento della loro funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 26, comma 3, nonché al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni.
7. L’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al
servizio di prevenzione e protezione.
11.4 QUALE FORMAZIONE (art. 37 del T.U.)
Il RLS ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza così come precisato dall’art. 37, comma 10 del T.U.
Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del RLS sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale (art. 37, comma 11 del T.U.). Tale formazione deve permettere al RLS di poter raggiungere adeguate conoscenze circa i rischi lavorativi esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi, nonché principi giuridici comunitari e nazionali, legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, principali soggetti coinvolti e relativi obblighi e aspetti normativi della rappresentanza dei lavoratori e tecnica della comunicazione.
• La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e
protezione adottate, con verifica di apprendimento.
• La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori (art. 37, comma 11 del T.U.).
• La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi (art. 37, comma
6 del T.U.).
• La formazione deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici (dove presenti), durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori (art. 37, comma 12 del T.U.).
A fronte di tutto ciò, qualora non si dovesse procedere alla elezione del RLS, le funzioni di tale soggetto vengono esercitate dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale o RLST (art. 48 del T.U.) e/o dal Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza di Sito Produttivo o RLSSP (art. 49 del T.U.) salvo diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 47, comma 8 del T.U.).
11.5 RLST (art. 48 del T.U.)
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriale (RLST) esercita le funzioni di RLS nelle Aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza dove non è stato eletto/designato il RLS.
Le modalità di elezione o designazione del RLST sono individuate dagli accordi collettivi nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. In mancanza di tali accordi le modalità di elezione o designazione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le anzidette associazioni (art. 48, comma 2 del T.U.).
Le Aziende o unità produttive in cui non è stato eletto o designato il RLS partecipano al Fondo (art. 52 del T.U.) di sostegno alla piccola e media impresa istituito presso l’INAIL al quale Istituto, tali Aziende o unità produttive, versano un contributo pari a 2 ore lavoro/anno per ogni lavoratore occupato così come menzionato dall’art. 48, comma 3 e precisato dall’art. 52, comma 2, lettera a) del T.U. L’organismo paritetico o, in mancanza, il suddetto Fondo, comunica alle Aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del RLST (art. 48, comma 6 del T.U.). L’esercizio delle funzioni di RLST è incompatibile con l’esercizio di altre funzioni sindacali operative (art. 48, comma 8 del T.U.).
11.6 RLSSP (art. 49 del T.U.)
In contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di più Aziende o Cantieri vengono individuati i Rappresentanti dei Lavoratori per la
Sicurezza di Sito Produttivo (RLSSP) come specificato dall’art. 49, comma 1del T.U.:
1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri:
a. i porti di cui all’articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d) della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorità portuale nonché quelli sede di autorità marittima da individuare con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti, da adottare entro 12 mesi data di entrata in vigore del T.U.
b. centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858
c. impianti siderurgici.
d. cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entità presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere e. contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti nell’area superiore a 500.
Il RLSSP è individuato tra i RLS delle aziende operanti nel sito produttivo secondo le modalità di individuazione stabilite dalla contrattazione collettiva la quale stabilisce anche le modalità secondo cui lo stesso RLSSP esercita le attribuzioni specificate dell’art. 50 del T.U., sopra riportato, nelle Aziende o Cantieri del sito produttivo dove non vi sono RLS, nonché il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito (art. 49, comma 2 del T.U.).
11.7 LA COMUNICAZIONE DEI NOMINATIVI RLS
L’art. 18, comma 1, lett. aa) del T.U. prevede l’obbligo di comunicazione dei nominativi dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) all’INAIL.
La norma, successivamente modificata nel decreto correttivo D.Lgs. 106/09 prevede l’obbligo di “comunicare in via telematica all’INAIL e all’IPSEMA, nonché per il loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro di cui all’art. 8, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; in fase di prima applicazione l’obbligo di cui alla presente lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati”.
Il decreto correttivo ha quindi introdotto un’importante modifica al testo previgente, prevedendo l’obbligo di comunicazione in parola per via telematica all’INAIL (e all’IPSEMA per la gente di mare) solo in caso di nuova elezione o designazione, non più annualmente, anche in assenza di variazioni, come in precedenza previsto.
In fase di prima applicazione, l’obbligo di comunicazione riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori già eletti o designati.
La decorrenza dell’obbligo di comunicazione è fissata, secondo l’interpretazione ministeriale, al giorno 20 agosto 2009.
Conseguentemente, i datori di lavoro che:
• in base alle precedenti istruzioni dell’Istituto, hanno già provveduto alla comunicazione con riferimento alla situazione in essere al 31 dicembre 2008 non devono ripetere l’adempimento, salvo che non siano intervenute variazioni di nomine o designazioni dei RLS nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2009 ed il 25 agosto 2009
• In quest’ultimo caso devono provvedere ad una nuova comunicazione telematica, seguendo le modalità operative indicate nella circolare
• non hanno finora effettuato alcuna comunicazione, pur in presenza di RLS eletti o designati, devono provvedere subito all’adempimento, con le predette modalità
• versano in una situazione diversa rispetto alle due precedenti, comunicheranno il nominativo in occasione di prima elezione o designazione del RLS
11.8 MODALITÀ DELLE COMUNICAZIONI
L’INAIL ha adeguato alla nuova disposizione di legge la procedura telematica “Dichiarazione RLS” già a suo tempo attivata, alla quale si
accede dal sito www.inail.it attraverso il “Punto Cliente”, seguendo il percorso illustrato nella circolare, che non richiede esposizione in forma riassuntiva.
Da evidenziare che per le aziende con più unità produttive la procedura consente per ciascuna di esse l’indicazione dei dati del relativo RLS. Ad operazione completata la procedura rilascia la stampa della ricevuta della comunicazione effettuata.
Nel caso in cui problemi di carattere tecnico non consentano il buon fine dell’inserimento dei dati per via telematica, ne è ammessa
eccezionalmente la segnalazione tramite fax al n. 800 657 657, utilizzando il modello scaricabile dal sito INAIL o richiedibile alle sedi dell’Istituto.
12. ASPETTI FONDAMENTALI DEL TESTO UNICO
Estensione del campo di applicazione, vigilanza più incisiva e sanzioni più severe.
Questi gli aspetti fondamentali del TESTO UNICO (T.U.) che ha, come finalità, la tutela della salute dei lavoratori, in ogni forma e tipologia di attività lavorativa, anche con riguardo alle differenze di genere, età e provenienza (immigrati).
Il via libero definitivo al T.U. con il riassetto e riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro è arrivato dal Consiglio dei Ministri dell’aprile 2008.
Le novità che maggiormente incideranno sulla vita delle imprese e dei lavoratori sono 4:
• l’ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni
• la rivisitazione delle attività di vigilanza
• la revisione del sistema delle sanzioni
• il maggior peso dato alle rappresentanze aziendali dei lavoratori
L’ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza arriva a comprendere tutti i lavoratori che operano in ambienti di lavoro, senza alcuna distinzione di tipo formale, inclusi i lavoratori autonomi (autonomi puri, CO.CO.CO. e CO.CO.PRO.), in virtù di un cosiddetto principio di «effettività della tutela» il quale ne implica il diritto per tutti coloro che operano negli ambienti di lavoro aziendali, quale che sia il rapporto o contratto di lavoro alla base.
Relativamente alla vigilanza, le norme del T.U. completano il quadro già modificato, dalla Legge 123/2007 prima richiamata che, peraltro, ha introdotto la sospensione dell’attività imprenditoriale anche in presenza di violazioni alle norme sulla sicurezza.
Le nuove norme, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento delle attività di vigilanza e l’efficienza degli interventi, prevedono la creazione di un sistema informativo pubblico al quale partecipano anche le parti sociali, per la condivisione e la circolazione delle notizie sugli infortuni, sulle ispezioni e su ogni iniziativa e attività in materia di salute e sicurezza sul lavoro, utile anche a indirizzare le azioni pubbliche.
Il capitolo più duro dell’intera riforma è quello delle sanzioni. In via di principio, il nuovo sistema contempla la pena dell’arresto nei casi
più gravi di infrazioni, tra cui l’omessa valutazione dei rischi, operazione che è elevata a caposaldo della costruzione del sistema di sicurezza aziendale. Nei casi meno gravi di inadempienza, prevede che al datore di lavoro venga applicata la sanzione dell’arresto alternativo all’ammenda oppure della sola ammenda, e una successiva graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Inoltre, al fine di favorire l’adeguamento alle nuove disposizioni, è previsto che, nei confronti del datore di lavoro che provveda a regolarizzare la propria posizione rispetto agli obblighi relativi alla sicurezza, non venga applicata la sanzione penale, ma soltanto le sanzioni pecuniarie.
Infine, il T.U. provvede a rafforzare le prerogative in materia di sicurezza dei lavoratori in azienda, in particolare con la revisione della figura del rappresentante dei lavoratori, per un coinvolgimento più intenso dei lavoratori, sia in sede di predisposizione che di aggiornamento delle misure di tutela e di prevenzione.
Questa maggiore consultazione e partecipazione verrà realizzata dal «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza», figura che il T.U. aggiorna e divide in tre tipologie: aziendale, territoriale e di sito.
12.1 Titolo I
Principi comuni
Esprime la logica dell’intervento legislativo contenendo le norme generali necessariamente da applicare a tutte le imprese destinatarie delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Esso contiene le principali novità rispetto a quanto richiesto dai criteri di delega di cui all’articolo 1, comma 2, della Legge 123/2007, in particolare con riguardo all’ampliamento del campo di applicazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro, all’azione pubblica e alla rappresentanza sui luoghi di lavoro
12.2 Titolo II
Luoghi di lavoro
Costituisce il primo dei titoli “speciali” del provvedimento, come tali intendendosi i titoli dedicati alla attuazione di specifiche direttive “particolari” in materia di salute e sicurezza rispetto a quella “quadro” (la 391/89).
Corrisponde al Titolo II del D.Lgs. 626/94 e costituisce attuazione della direttiva 89/654/CEE in materia di prescrizioni minime di sicurezza per i luoghi di lavoro, nonché di alcune disposizioni contenute nel DPR 303/56 concernente norme generali per l’igiene del lavoro
12.3 Titolo III
Uso delle attrezzature di lavoro
È suddiviso in 3 Capi.
Il Capo I, uso delle attrezzature di lavoro, corrisponde al Titolo III del D.Lgs. 626/94 che ha recepito la direttiva 89/655/CEE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro nonché di alcune disposizioni normative di cui al DPR 547/55 concernente “Norme per la prevenzione degli infortuni”.
Il Capo II, uso dei dispositivi di protezione individuale, corrisponde al Titolo IV del D.Lgs. 626/94, a sua volta attuativo della direttiva 89/656/CEE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e salute per l’uso da parte di lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro.
Infine, il Capo III, impianti ed apparecchiature elettriche, prende in considerazione le misure necessarie affinché i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e mantenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura elettrica (le previsioni derivano da disposizioni del DPR 547/55 nonché dalle normative di buona tecnica esistenti)
12.4 Titolo IV
Cantieri temporanei e mobili
È suddiviso in 2 Capi.
Il Capo l, è costituito da un articolato derivante dal D.Lgs. 494/96, che rappresenta il recepimento della direttiva 92/57/CEE, e da una serie di allegati derivanti dallo stesso D.Lgs. 494/96 e dal DPR 222/03 (regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, in attuazione dell’articolo 31, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109).
Il Capo II, invece, è costituito da un articolato parzialmente derivante dal DPR 547/55, dal DPR 164/56, dal D.Lgs. 494/96, dal D.Lgs. 626/94 e dal D.Lgs. 235/2003.
Alle norme, inoltre, sono associati una serie di allegati derivanti dai decreti del Ministero del lavoro 2 settembre 1968 (riconoscimento di efficacia); 23 marzo 1990, n. 115 (riconoscimento di efficacia); 27 marzo 1998 (trabattelli); 23 marzo 2000 (scale portatili); 6 agosto 2004 (laboratori certificazione), oltre che gli accordi Stato-Regioni del 26 gennaio 2006 (lavori in quota) e 16 marzo 2006 (bevande alcoliche) e dalle circolari del ministero del lavoro n. 46/2000 e n. 25/2006
12.5 Titolo V
Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro
Contiene le disposizioni del D.Lgs. 493/96, di attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e salute sul luogo di lavoro
12.6 Titolo VI
Movimentazione manuale dei carichi
Corrisponde al Titolo V del D.Lgs. 626/94 di recepimento della direttiva 90/269/CEE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale dei carichi che comporta, tra l’altro, rischi dorso-lombari per i lavoratori
12.7 Titolo VII
Attrezzature munite di videoterminali
Corrisponde al Titolo VI del D.Lgs. 626/94 di recepimento della direttiva 90/270/CEE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali
12.8 Titolo VIII
Agenti fisici
È suddiviso nei seguenti 6 Capi.
Il Capo I (disposizioni generali) contiene disposizioni di carattere generale che trovano applicazione nei confronti di tutti gli agenti fisici disciplinati dal titolo in materia, tra l’altro, di valutazione dei rischi, di disposizioni volte ad eliminare o ridurre i rischi di informazione e formazione dei lavoratori, nonché di sorveglianza sanitaria.
Il Capo II (protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore) determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro e, in particolare, per l’udito.
Corrisponde al Titolo V-bis del D.Lgs. 626/94 che ha dato attuazione alla direttiva 2003/10/CEE.
Il Capo III (protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni) introduce le disposizioni relative al D.Lgs. 187/05 che ha dato attuazione alla direttiva 2002/44/CEE contenente prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche.
Il Capo IV (protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici) e le disposizioni ivi contenute sono state mutuate dal D.Lgs. 257/2007, in attuazione della direttiva 2004/40/CEE contenente prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori dai rischi derivanti dai campi elettromagnetici.
Il Capo V (protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali) prevede l’attuazione delle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali di cui alla direttiva 2006/25/CEE. Sono state trasfuse in questa parte del decreto le disposizioni approvate dal consiglio dei ministri, in via preliminare, nella seduta del 27 febbraio 2008, in sede di attuazione della predetta direttiva, inserita all’Allegato B della legge n. 13/2007 (legge comunitaria 2006).
Il Capo VI, infine, contiene le sanzioni
12.9 Titolo IX
Sostanze pericolose
È suddiviso in 3 Capi.
Le disposizioni del Capo I (protezione da agenti chimici) corrispondono al Titolo VII-bis del D.Lgs. 626/94, introdotte dal D.Lgs. 25/2002 e s.m.i., di attuazione della direttiva 98/24/CEE sulla protezione della salute e la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro.
Il Capo Il (protezione da agenti cancerogeni e mutageni) corrisponde al Titolo VII del D.Lgs. 626/94, così sostituito dal D.Lgs. 66/2000 e s.m.i., di attuazione delle direttive 97/42/CEE e 99/38/CEE che modificano la direttiva 90/394/CEE in materia di protezione di lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
Il Capo III (protezione dai rischi connessi all’esposizione ad amianto) corrisponde alle disposizioni di cui al D.Lgs. 257/2006 e s.m.i., di attuazione della direttiva 2003/18/CEE relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione all’amianto durante il lavoro
12.10 Titolo X
Esposizione ad agenti biologici
Corrisponde al Titolo VIII del D.Lgs. 626/94 di attuazione della direttiva 90/679/CEE relativa alla protezione di lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti biologici durante il lavoro
12.11 Titolo XI
Protezione da atmosfere esplosive
Corrisponde al Titolo VIII-bis, introdotto dall’articolo 2 del D.Lgs. 233/2003 e s.m.i., che ha recepito la direttiva 99/92/CEE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori esposti a rischio di atmosfere esplosive
12.12 Titolo XII
Disposizioni in materia penale e di procedura penale
Reca disposizioni relative all’esercizio di fatto di poteri direttivi, talune modifiche al D.Lgs. 231/2001 e s.m.i., nonché disposizioni in materia di prescrizione e definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto
12.13 Titolo XIII
Disposizioni finali
Reca disposizioni finali ed inoltre enuncia espressamente le abrogazioni app.
13. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)
Il T.U. impone l’utilizzo dei DPI in tutti i casi in cui i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (art. 75). In base all’art. 76 del T.U., i DPI devono essere conformi ai requisiti previsti dal D.Lgs. 475/92.
La valutazione dei rischi e l’individuazione dei DPI idonei a proteggere i lavoratori devono essere condotte sulla base delle indicazioni contenute nell’allegato VIII del T.U. e di quelle contenute nel D.M. 2 maggio 2001.
I DPI devono inoltre:
a. essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un
rischio maggiore
b. essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro
c. tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore
d. poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità
In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
I DPI individuali devono essere impiegati dal personale quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
13.1 CATEGORIE DI DPI (art. 4 D.Lgs. 475/92)
1a CATEGORIA
Appartengono alla prima categoria, i DPI di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità.
Rientrano esclusivamente nella prima categoria i DPI che hanno la funzione di salvaguardare da:
a. azioni lesive con effetti superficiali prodotte da strumenti meccanici
b. azioni lesive di lieve entità e facilmente reversibili causate da prodotti per la pulizia
c. rischi derivanti dal contratto o da urti con oggetti caldi, che non espongano ad una temperatura superiore ai 50°C
d. ordinari fenomeni atmosferici nel corso di attività professionali
e. urti lievi e vibrazioni inidonei a raggiungere organi vitali ed a provocare f. lesioni a carattere permanente
g. azione lesiva dei raggi solari
Inoltre, con decreto del 30.12.03, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fissato le caratteristiche tecniche dei giubbotti e delle bretelle retroriflettenti ad alta visibilità che devono essere indossati dai conducenti dei veicoli, immatricolati in Italia, se costretti a scendere dall’auto in caso di emergenza.
14. INFORMAZIONE E FORMAZIONE
14.1 INFORMAZIONE DEI LAVORATORI (art. 36 del T.U.)
Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un’adeguata informazione su:
a. i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa in generale
b. le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei lavoratori
c. i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di gestione dell’emergenza (primo soccorso, antincendio, evacuazione)
d. i nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente
e. i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia
f. i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica
g. le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate
Il contenuto dell’informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze.
Ove l’informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo.
14.2 FORMAZIONE DEI LAVORATORI (art. 37 del T.U.)
Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare
riferimento a:
a. concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b. rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda.
La durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui sopra sono stati definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano emanato il 21.12.2011.
Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in merito ai rischi specifici di cui ai titoli del T.U. successivi al I.
La formazione dei lavoratori e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione:
a. della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro
b. del trasferimento o cambiamento di mansioni
c. dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
L’addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro.
La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.
I preposti ricevono a cura del datore di lavoro, e in azienda, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
I contenuti della formazione di questi soggetti comprendono:
a. principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi
b. definizione e individuazione dei fattori di rischio
c. valutazione dei rischi
d. individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.
I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi:
a. principi giuridici comunitari e nazionali
b. legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro
c. principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi
d. definizione e individuazione dei fattori di rischio
e. valutazione dei rischi
f. individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione
g. aspetti normativi dell’attività di rappresentanza dei lavoratori
h. nozioni di tecnica della comunicazione
La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti devono avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’articolo 50 ove presenti, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo.
Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 276/03 e successive modificazioni e integrazioni.
Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.