Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, introdotto con D.Lgs. n. 14/2019 e recentemente modificato dal D.Lgs. n. 83/2022, è entrato in vigore il 15 luglio 2022.
La parola d’ordine che descrive senso e scopo della riforma è continuità aziendale: infatti obiettivo della nuova normativa è quello di assicurare la continuità aziendale evitando la liquidazione giudiziale.
Si tratta di un diverso approccio alla crisi d’impresa, che mira non tanto a regolamentare la situazione d’insolvenza, quanto piuttosto a prevenirla tramite una corretta gestione ed una tempestiva rilevazione e reazione a segnali di crisi.
Invero è opinione condivisa che se la crisi di un’ impresa viene affrontata tempestivamente, adottando le opportune iniziative, aumentano significativamente le possibilità che la stessa venga superata o, quanto meno, venga trovata una soluzione meno traumatica di quella prettamente liquidatoria che ha le ben note ricadute negative sul sistema socio-economico generate.
A tal fine il nuovo Codice della Crisi richiede alle imprese di:
.. apprestare una serie di presidi organizzativi e di controllo al fine di perseguire una corretta gestione d’impresa;
.. percepire tempestivamente eventuali segnali di crisi d’impresa;
.. in caso di significativo squilibrio, accedere tempestivamente a procedure di risanamento evitando lo stato di insolvenza irreversibile.
Adeguati Assetti Aziendali
Il nuovo Codice della crisi d’impresa ha introdotto l’obbligo generale, per tutte le società di persone e di capitali di predisporre assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati.
Un assetto aziendale è adeguato se consente una corretta gestione ed il costante monitoraggio dell’attività aziendale; occorre intervenire su misure, processi e strutture non adeguate allo scopo.
In particolare l’azienda dovrà assicurarsi di avere:
.. un organigramma aziendale da cui emergano chiaramente l’articolazione, i compiti, le funzioni, i mezzi ed i poteri degli organi operativi e di controllo;
.. una procedimentalizzazione delle varie fasi dell’attività aziendale
.. l’integrazione dei processi;
.. adeguati ed efficienti flussi informativi;
.. un efficace sistema di rilevazione contabile;
.. ogni altro coerente strumento che assicuri lo svolgimento dell’attività d’ impresa nel modo più efficiente ed efficace in termini di produttività e di riduzione al minimo dei rischi ad essa connessi.
Per effetto della riforma in materia di crisi d’ impresa la struttura organizzativa diviene lo strumento operativo statico attraverso il quale aumentare le possibilità che venga prontamente identificata la presenza di segnali di crisi dell’ impresa nella fase dinamica dell’attività d’impresa.
Ciò, in particolare, allorchè la struttura societaria si accompagni alla predisposizione ed alla gestione di un sistema di monitoraggio costante rispetto ai risultati di gestione.
In relazione alla fase dinamica dell’attività d’impresa, la corretta gestione ed il monitoraggio impongono di:
.. raccogliere costantemente i dati aziendali rilevanti;
.. fissare obiettivi aziendali adeguati in fase di pianificazione e programmazione;
.. valutare le iniziative aziendali rapportandole con i risultati raggiunti;
.. monitorare i flussi di cassa in entrata e in uscita;
.. fare previsioni costanti dei bisogni futuri e di liquidità;
.. intercettare eventuali segnali di crisi su cui intervenire tempestivamente.
Monitoraggio: controllo di gestione ed organo di controllo
Come sopra detto, l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale dovrebbe garantire sia la corretta gestione, che il monitoraggio della stessa.
In questa prospettiva, l’organo amministrativo e quello di controllo lavorano in piena sinergia nell’ottica di una continua valutazione delle prospettive di continuità aziendale.
In particolare, il collegio sindacale è tenuto a monitorare le attività svolte dagli amministratori per garantire tale continuità aziendale¸ vigilando sull’idoneità degli assetti organizzativi adottati dalla società al fine di rilevare, in modo tempestivo, la sussistenza di fattori o circostanze idonee a compromettere la prospettiva della continuità aziendale.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza cui è tenuto il collegio sindacale, nel caso in cui rilevi rischi di possibile violazione di legge e/o dello statuto, di inesatta applicazione dei principi di corretta amministrazione, di inadeguatezza dell’assetto organizzativo e/o del sistema amministrativo-contabile, dovrà rivolgersi all’organo amministrativo affinché questo adotti le necessarie misure correttive.
Qualora le misure correttive non vengano attuate, siano insufficienti a porre rimedio alla condizione rilevata dal collegio sindacale o ancora in casi di particolare urgenza o gravità, il collegio sarà tenuto ad adottare le iniziative previste dalla legge per la rimozione delle irregolarità riscontrate.
Qualora l’ impresa versi in uno stato di crisi, l’attività di vigilanza deve intensificarsi ed ampliarsi sino a ricomprendere gli ulteriori obblighi che sorgono in tale fase, funzionali ad evitare che la crisi possa trasformarsi in insolvenza.
Indici della crisi. Tempestività della rivelazione e della reazione
Come sopra detto, l’assetto amministrativo e di controllo delle imprese deve essere strutturato in modo che siano rilevati tempestivamente eventuali sintomi di crisi aziendale, al fine di poter adottare con rapidità le idonee azioni correttive, preservando la continuità aziendale ed evitando la liquidazione.
Ma quali sono i sintomi di crisi aziendale che richiedono la tempestiva reazione da parte dell’impresa?
In generale, con segnali di crisi debbono intendersi squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, valutati tenendo conto delle caratteristiche dell’impresa e dell’attività svolta dal debitore.
Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha messo a punto degli indicatori che dovrebbero rilevare gli squilibri economici, patrimoniali e finanziari di crisi aziendale e rilevare le problematiche con il dovuto anticipo rispetto al manifestarsi della crisi stessa.
Detti indicatori devono essere integrati con quelli specificamente indicati dall’articolo 24 CCII ovvero:
.. l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 60 giorni per un ammontare pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle stesse;
.. l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 120 giorni per un ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
.. il superamento nell’ultimo bilancio approvato o comunque per oltre tre mesi degli indici elaborati ai sensi dell’art. 13, commi 2 e 3 CCII.
Laddove rilevati indici di crisi, come reagire tempestivamente?
Allorchè siano rilevati segnali di crisi, è dovere degli amministratori e dei sindaci assumere senza indugio le iniziative necessarie a far fronte allo stato di crisi dell’impresa.
Agli amministratori è imposto un preciso obbligo di attivarsi tempestivamente, non solo per gestire in senso conservativo la società, ma anche per individuare lo strumento più idoneo per risolvere o tentare di risolvere la crisi.
Nel Codice della crisi riformato, le nuove procedure di risoluzione della crisi si pongono in una fase solo successiva ed eventuale (allorchè l’aver predisposto un adeguato assetto d’impresa dovrebbe evitare in toto l’insorgenza della crisi).
In ogni caso, vuole segnalarsi che tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza cui le imprese possono oggi accedere, oltre a quelli tradizionalmente noti, possono citarsi la convenzione moratoria, il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, i piani di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e la nuova composizione negoziata della crisi sotto la supervisione di un esperto indipendente.
Responsabilità di amministratori e sindaci
Dalla mancata osservanza delle sopra esaminate direttive operative possono discendere responsabilità a carico degli amministratori e dei sindaci.
In particolare, gli stessi possono essere chiamati a rispondere civilisticamente nei confronti della società, dei creditori e, in generale, dei terzi nel caso siano loro imputabili condotte che non abbiano preservato la continuità aziendale.
In questa prospettiva, le ipotesi di responsabilità degli amministratori possono essere ricondotte a comportamenti essenzialmente consistenti nell’avere:
.. mancato di adottare assetti societari adeguati;
.. tardivamente percepito i sintomi di crisi;
.. non aver agito tempestivamente;
.. fatto un cattivo uso degli strumenti previsti dall’ordinamento per fronteggiare o limitare la crisi.
Parimenti, anche i sindaci potrebbero essere responsabilizzati per la crisi di impresa, in ragione del loro dovere di controllo e vigilanza sull’ intero andamento della gestione, in particolare qualora sia occorsa una dannosa prosecuzione dell’attività con conseguente aggravamento dello stato di dissesto. È sufficiente, per l’addebito, che i sindaci non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità
Pertanto, rilevata la crisi di impresa e condotte censurabili degli organi sociali, amministratori e sindaci potranno essere personalmente e solidalmente responsabilizzati nei confronti della società, dei soci, dei creditori sociali e dei terzi per i danni arrecati in termini di depauperamento del patrimonio sociale riconducibile alla loro condotta.
Nel caso di fallimento, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa l’azione di responsabilità civile contro gli organi sociali nell’ interesse della società e dei creditori sociali spetta rispettivamente al curatore, al commissario straordinario e al liquidatore.
Rimane ferma, in ogni caso, anche l’eventuale responsabilità penale ai sensi dell’art. 217 l. fall.